L’arte ha sempre giocato un ruolo nello spazio urbano, a volte solo illustrando lo stato di cose presente, ma spesso assumendo il compito di segno, idea, simbolo, rappresentazione del committente, cioè del potere istituzionale.
I monumenti sono il prodotto più semplice per fotografare il potere, ma la contemporaneità ha raffinato gli strumenti e sostituito i monumenti con le installazioni. Queste non rappresentano ma rinviano, rimandano alla volontà dell’istituzione di servirsi dell’opera.
Paradossalmente l’opera cede il suo significato originario alle ragione della collocazione in quel luogo, in quel momento,
Questo non vuol dire che tutte le installazioni collocate in uno spazio urbano o rurale siano la rappresentazione del potere delle istituzioni committenti. Avremmo molti casi che potrebbero dirci altro.
E’ però certo che una politica autoreferenziale come quella contemporanea costruisca un monumento a se stessa e coinvolga gli artisti, ancora più se famosi, per installazioni che diano lustro, visibilità all’amministrazione. Le chiacchiere di artisti e istituzioni che ne spiegano le ragioni sono solo “ideologia da falsa coscienza”.
Ma Alessandra Ferlito, su MONiTOR, si domanda anche che ruolo assuma in questa circostanza l’artista. Qui noi ci fermiamo: non vogliamo essere moralisti e nemmeno troppo coerenti. Possiamo solo invitare artiste e artisti a lavorare insieme, per arricchirsi in consapevolezza a creatività, per dare vita, forse, a percorsi nuovi di ricerca, indipendenti e autonomi.