L’assalto della finanza sulla casa …di Marco Bersani

“Cos’è la destra, cos’è la sinistra?” cantava l’indimenticabile Giorgio Gaber e, se analizziamo le politiche abitative, non possiamo che dare ragioni ai dubbi del compianto autore.

Partiamo dai dati: calcolando le famiglie che hanno già subito uno sfratto con la forza pubblica, quelle che si ritrovano in mano una sentenza di sfratto e quelle che si apprestano a riceverlo, in Italia si supera la cifra di 450mila. Un’emergenza reale, vera e drammatica, che richiederebbe misure urgenti in direzione del diritto all’abitare.

Prontamente il ministro Salvini ha aperto un tavolo con l’obiettivo di varare un Piano Casa nazionale da rendere operativo nel 2025: peccato che gli invitati al parterre contemplino grandi banche e assicurazioni, fondazioni e agenzie di mediatori d’affari, grandi costruttori e fondi immobiliari e nessun sindacato degli inquilini, né tanto meno alcun movimento per il diritto all’abitare. Cosa dovrebbe produrre questo tavolo e soprattutto in quale direzione? Domanda retorica, visti i protagonisti, e risposta semplice: la valorizzazione del patrimonio pubblico esistente, che, tradotto, significa consegnare gli immobili inutilizzati ad affaristi del mattone e avvoltoi della finanza affinché li recuperino e li mettano a reddito (il loro, of course), con conseguente smantellamento degli enti gestori dell’edilizia popolare e la messa sul mercato della stessa. Ma questo è Salvini, lo sappiamo.

E allora facciamo un giro a Milano, seconda metropoli del Paese, da tempo governata dal centro-sinistra, che ha appena costituito Società Casa, un piano strategico con i seguenti obiettivi: a) incrementare il numero degli spazi abitativi pubblici passando da 22mila a 25mila unità; b) ampliare l’offerta, attivando 10mila nuovi alloggi di edilizia residenziale sociale; c) ottimizzare le manutenzioni ordinarie, la gestione sociale del patrimonio e la gestione dei pagamenti e conseguenti morosità.

Finalmente, verrebbe da dire. Ma come si prevede di realizzare tutto questo? Attraverso la consegna strategica di tutto il patrimonio abitativo pubblico a Invimit Sgr (Investimenti Immobiliari Italiani), società per azioni con capitale interamente detenuto dal MEF, il cui compito storico, è quello di “valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico, in particolare tramite le cessioni, permettendo al MEF di ridurre il debito pubblico”. Più specificamente e da statuto, la società “(..) opera in ottica e con logiche di mercato per cogliere le opportunità derivanti dal generale processo di valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, attraverso l’istituzione e la gestione di fondi comuni di investimento chiusi immobiliari”. Se non fosse sufficientemente chiara la direzione, basti riportare alcune frasi tratte da interventi dell’Amministratrice Delegata della società: “Invimit Sgr ha radicalmente cambiato pelle. È l’unica Sgr pubblica sul mercato. Alla società mancava il contatto con il mercato. La nostra missione è la valorizzazione e la dismissione” oppure “Occorre avere uno Stato che diventi giocatore e non sia più solo spettatore. Questa è una narrativa che a livello internazionale è molto importante e viene recepita bene dagli investitori. Più in generale, dobbiamo saper vendere la nazione per colmare il gap con il resto d’Europa…”.

Cosa tutto questo abbia a che fare con gli obiettivi sopra dichiarati dal Comune di Milano resta un mistero. Ciò che è invece assolutamente evidente, tanto a livello locale (Società Casa di Milano) quanto a livello nazionale (Piano Casa di Salvini) è che siamo all’assalto finale dei grandi interessi finanziari sul patrimonio immobiliare pubblico e alla definitiva negazione del diritto all’abitare. Quanto ci manchi, Giorgio Gaber.

Marco Bersani, il manifesto, 9 marzo 2024

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