I quarant’anni del movimento zapatista

Sono trascorsi esattamente quarant’anni dalla fondazione dell’Ejército Zapatista de Liberación Nacional, l’EZLN fu fondato il 17 novembre 1983, e tra poche settimane celebreremo i trent’anni dall’insurrezione del 1° gennaio 1994.

Molti, probabilmente, pensano che in Chiapas non esistano più o che siano, come si dice in questi casi, “residuali”. Anche per questo, però, solo due anni fa hanno attraversato l’oceano, in piena pandemia, per togliersi il gusto di “invadere” l’Europa – l’ironia non gli è mai mancata – ma soprattutto per venire ad ascoltare, a cercare di comprendere chi e come resiste al dominio del denaro sulla vita a migliaia di chilometri di distanza dalla loro Selva. Non hanno avvertito i media che contano, né promosso in alcun modo la loro “visibilità”. Molti non se ne saranno neanche accorti, sono di solito piccoli di statura e poi hanno il volto coperto…

Eppure, a quarant’anni da quando sono venuti al mondo, le zapatiste e gli zapatisti – indigeni del Chiapas ma anche gay a San Francisco, neri in Sudafrica, contadini senza terra in ogni Paese, Palestinesi in Israele e donne sole in qualsiasi metropolitana alle dieci della notte – continuano quella strana rivoluzione che alimenta cambiamenti. Cambiamenti che cominciano in un certo momento, difficile da costringere in una data, e non finiscono mai di trasformare la vita, perché sono profondi e sono cambiamenti veri. Sono un processo sempre incompiuto, che rifiuta classificazioni e stabilità.

Ce lo ricorda Raúl Zibechi, in questo articolo apparso su Comune-Info, che li conosce, li accompagna e li racconta. Malgrado l’assedio e la violenza di una guerra contro la loro autonomia che utilizza armi convenzionali, politiche, mediatiche e un lungo eccetera fin dal 1994, l’esperienza zapatista è viva.

Quarat’anni costruendo autonomia


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