A proposito di “desideri” e “margini”

Il 22 ottobre “Le parole fucsia” hanno organizzato un dibattito intorno ai desideri affiancando anche l’idea di margine. Quel dibattito mi ha aperto ad una riflessione.

Un grande poeta italiano della prima metà dell’800 diceva che l’uomo è un “essere desiderante”.
Ma il desiderio resta tale fino a quando non è soddisfatto, poi svanisce, per questo l’uomo non può che essere infelice, proprio perché è “essere desiderante”.
Così ci invitava a considerare che il senso della vita (la felicità?) sta proprio nella consapevolezza del nostro continuo desiderare.

Un desiderio messo a dura prova dalla “frattura storica” della relazione dell’uomo con la natura (sarà questo il margine?). Rottura alla quale non c’è altra risposta che la costruzione di una comunità solidale in opposizione alle ideologie romantica e positivista de “le magnifiche sorti e progressive”.
Così il poeta scrive: “…incontro a questa / congiunta essere pensando, / siccome è il vero, ed ordinata in pria / l’umana compagnia / tutti fra sé confederati estima / gli uomini, e tutti abbraccia / con vero amor, porgendo / valida e pronta ed aspettando aita / negli alterni perigli e nelle angosce / della guerra comune.

Quel poeta era Giacomo Leopardi. Profetico!

Penso che ci sia una tendenza che attraversa la società contemporanea: la mancanza di desiderio.

Più che “esseri desideranti” siamo consumatori compulsivi che consumano oggetti, luoghi, relazioni, sentimenti, idee, gusti, tutto all’istante. E si esibiscono, si narrano, si condividono mediatamente in modo istantaneo, mentre si desiderano, negando così al desiderio quella sospensione, nel tempo e nello spazio, che lo faccia durare e penetrare nei corpi e nelle menti.

Così si vive tutto nell’istante appena passato o, al massimo, in un presente esibito attraverso la comunicazione digitale, costretto dalle regole di un algoritmo predeterminato. Mi pare, ci si muova come di-sperati, senza quel senso del futuro necessario per coltivare la speranza.

Forse è per questo che non ci si ribella alle guerre, alle ingiustizie, alla povertà, all’ignoranza, alla stupidità, al controllo del potere. Al massimo si esibiscono, sempre all’istante, le bandiere, i loghi, gli slogan.

Si consuma il presente, all’istante, senza desiderio, e si vive nel passato della sua esibizione. Forse manca la consapevolezza della assenza di speranza.

marco sansoè, ottobre 2022


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