Vittorio Arrigoni, Vik, moriva 10 anni fa

Vittorio Arrigoni, Vik,  è stato un pacifista vero, di quelli che lasciano tutto e vanno nei luoghi dove c’è la guerra ad aiutare la popolazione locale. Cofondatore e anima dell’International Solidarity Movement, è stato l’unico straniero presente a Gaza City nel periodo dicembre 2008-gennaio 2009 in cui Israele lanciò l’operazione Piombo fuso contro la popolazione rinchiusa in quella striscia di terra, operazione che procurò 1400 morti palestinesi . Vittorio prestò allora le sue braccia nel recupero dei morti  e dei feriti, scorrazzando con una vecchia auto-ambulanza, e prestò pure la sua voce, raccontando quotidianamente i massacri sul giornale “ il manifesto” in articoli emozionanti che immancabilmente firmava con l’invocazione “Restiamo umani”. Il 15  aprile di quest’anno è stato catturato da un sedicente gruppo di estremisti salafiti palestinesi, finora sconosciuto, che lo hanno  strangolato subito dopo la cattura, nonostante avessero lanciato l’ultimatum di 48 ore per il riscatto. Lo Stato palestinese gli ha tributato funerali di Stato, la famiglia ( mamma Egidia è Sindaco di Bulciago di Lecco) ha chiesto che l’aereo che riportava la salma in Italia non sorvolasse i cieli di Israele, dove Vik Era stato imprigionato e dove era indesiderato. Il giorno di Pasqua, 24 aprile, nella completa assenza del Governo e della Istituzioni Italiane ( tranne i Sindaci della zona) si è svolto il funerale nella palestra del piccolo paese, con la partecipazione di 2.500 persone. Quello che segue è un tentativo di trasmettervi alcune emozioni

Coltiveremo un sogno grande, che possa ospitare, Vittorio

Un vincitore è colui che non smette di credere nei propri sogni, N.Mandela

Che oggi sia un giorno speciale lo cominciamo a dubitare
nella tangenziale di Milano, sgombra di auto e di smog.
In effetti, oggi non è una domenica qualunque:
è la Pasqua del 2011, ed è il giorno in cui veniamo a salutare Vittorio.
A Bulciago; già, proprio in quella Brianza laboriosa
che non abbiamo mai amato per niente.
Arriviamo presto, in tempo per trovare posto all’interno:
seduto sugli spalti al numero 280 della palestra
mi rendo conto poco alla volta che la specialità prevista
lascia il posto a qualcosa di ancor più eccezionale.
Come non ritenere tale l’intima connessione
fra la simbologia che contrassegna di sé la cerimonia
e l’estrema concretezza della scelta utopica di Vittorio?
Come non vedere in tutta la sua meschinità
l’orrenda pappa mediatica che ogni giorno ci alimenta,
mentre qui ci sono valori, cibo genuino per lo spirito,
che per fortuna (cercata a dire il vero)
oggi ci aiuta a dividerci da un amico?
Come non cogliere la pochezza della politica
(e, contro la mia volontà, dico anche del Sindacato)
che oggi non manda nessuno sulla passerella
a piangere lacrime ipocrite
Penso che, quando avranno l’impudenza di chiederci,
dopo avere combinato altri disastri, dove sono i Pacifisti,
sapremo bene dove mandarli, nonviolentemente.
Ormai fra magoni, lacrime e coronarie
e tutto lo scibile psico-somatico
abbiamo fiaccato la resistenza di ogni organo sensibile.
Ci riprenderemo quando la straordinaria mamma Egidia,
stupita di quanto abbiamo amato suo figlio,
ci benedirà laicamente in arabo.
Non sappiamo rispondere, lì, che grazie.
Ora sappiamo che continueremo a coltivare sogni,
uno così grande che possa ospitare Vittorio.
Raccontarvi questo saluto è stato difficile per me
come spiegare ad un bambino curioso cos’è l’acqua,
a chi non ci vede che colore abbia l’aria.
Non potevo tenere tutte per me le emozioni avute in dono.

Luciano Guala (di ritorno da Bulciago)

1 commento

  1. Succedeva 10 anni fa, caro Vittorio, volevano spegnere la tua voce e invece l’hanno moltiplicata. E l’eco è rimbalzata così tante volte e così lontana che la tua immagine, insieme alle tue parole, è arrivata in ogni continente….

    …il tuo passaggio nel mondo è stato come un’incisione indelebile, che mentre invita a restare umani e non cedere all’odio, denuncia l’odio e la crudeltà israeliana contro i palestinesi, rei di non piegarsi all’oppressione e di conservare, dopo 73 anni di soprusi, la dignità di pretendere il rispetto del loro diritto di popolo all’indipendenza, alla giustizia e alla libertà.

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