Gli sgomberi del Comune di Biella

Gli sgomberi di edifici vuoti, abbandonati, fatiscenti sono una pratica che dimostra l’incapacità della politica di affrontare i problemi.
Repressivi, violenti e inefficaci, gli sgomberi sono la metafora del “nascondere la polvere sotto il tappeto”. Incapaci di gestire il patrimonio edilizio, incapaci di programmare Piani regolatori per ottimizzare gli spazi dismessi, incapaci di legiferare sull’uso del suolo, non vogliono affrontare la questione dei senzatetto che lì si sono ritagliati uno spazio di sopravvivenza.

Si vuole sgomberare la Rivetti? si chiede alla proprietà di “blindarla”? e poi? il Comune ha un piano per sistemare le persone che l’abitano, oppure li inseguirà nel prossimo edificio abbandonato – da una proprietà che attende il prossimo richiamo speculativo per fare un affare – per un altro sgombero?
Le Istituzioni sono al servizio delle persone e devono risolvere i loro problemi, se non sanno fare questo non servono a nulla!

Irresponsabile utilizzare l’ideologia dell’emergenza per nascondere la propria inefficacia e restare immobili affidandosi al “malcontento popolare”, amplificato da intolleranze e razzismi. Le istituzioni devono affrontare i problemi e risolverli.
Non esiste alcuna emergenza, questa è la normalità del disagio diffuso che le Istituzioni devono affrontare subito con una programmazione mirata.

Si vuole sgomberare la Rivetti e altri edifici occupati da disperati senzatetto? Lo si faccia, con le buone maniera e non prima di aver trovato una sistemazione per chi lì abita e non ha un posto dove andare. Si coinvolga la Protezione civile (lo si è già fatto allestendo campi abitativi), l’associazionismo, le comunità solidali e si dia una casa a chi non ce l’ha.

Questa è una città vuota, senza idee, chiusa in piccole cittadelle di chiacchiere, facciamo almeno qualcosa che possa dare un po’ di speranza agli ultimi, ai disperati.
Questo deve fare il Comune, invece di fare facile propaganda: pensare a chi non ha casa, trovare una soluzione, in modo che non si debba più chiamare “emergenza freddo” ciò che accade ogni anno d’inverno.

Arci Solidarietà Ciclofficina Thomas Sankara

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