Il Feudatario locale, un nobile la cui fama era stata ereditata da un padre di solidi e nostalgici ideali, quella volta non c’era, era uscito per un attimo e non aveva assistito al misfatto, che pare compiuto dal Vassallo imprudente. Almeno così dice, e noi non abbiamo motivo per non credere che proprio in quel momento la sua attenzione fosse rivolta altrove, al benessere dei sudditi.
Un’altra volta non è stato capace di ridere della provocazione di una ironica immagine di finissimi uomini d’armi capovolti a testa in giù. Probabilmente il suo pensiero era volato ad una piazza d’armi in cui un suo antico maestro aveva subito una brutta sorte, vittima della rabbia popolare.
Ma ancora più sciocca fu la reazione di un manipolo di Cavalieri, un’élite del luogo, ossequiosa ma in conflitto con il Feudatario locale, che prese le distanze da quell’immagine giudicata blasfema, senza cogliere il sarcasmo dissacratore nei confronti dei fatti passati e di quelli presenti, solo preoccupata, sembra, di essere messi in cattiva luce agli occhi dell’Imperatore che godeva di vasto consenso.
Il Feudatario non seppe ridere, e forse tacque la verità, perché molto più preoccupato della fugacità dello scranno sul quale posa il suo nobile posteriore che non della natura libera dell’intelligenza umana.
Ma pare che un po’ tutti abbiano la stessa preoccupazione, rinunciare alla ricchezza della libera intelligenza sembra un’esigenza del potere, così ossessionati dal comando e così incapaci di scorgere gli sberleffi a loro indirizzati.
Noi non possiamo che sperare che gli sberleffi si tramutino in pietre lanciate all’indirizzo dei potenti sia quelli seduti al comando che quelli desiderosi di sedersi.
Marco Sansoè, aprile 2024