Per i migranti è sempre peggio!

Si avvicina la “giornata del rifugiato” ma qui si muore in mare, si costruiscono muri di filo spinato, si vive di stenti nei boschi balcanici cercando di entrare in Europa, si riempiono i campi di concentramento, finanziati da noi, in nord Africa e in Europa, si stivano i naufraghi nelle navi delle Ong che li salvano e si stivano poi nelle navi della quarantena, si sgomberano con la forza gli spazi dell’accoglienza come a Oulx. Forse dovremmo essere meno ipocriti!

Tutti li considerano un problema e nessuno lo intende risolvere, molti vorrebbero che sparissero in mare, forse per sempre, dopo 30 secondi di commozione, o svaporati come se non fossero mai esistiti.
Ma esistono, le migrazioni esistono da millenni e non si possono fermare: gli ignoranti si illudono che sia possibile, gli altri si giocano le campagne elettorali sulle ali della stupidità.

Da un paio di secoli si muovono alla ricerca di una vita migliore, per sfuggire alle guerre, alla fame, per allontanarsi dalla desertificazione.
Da allora noi occidentali ne siamo i responsabili e la causa diretta: prodotta dal Colonialismo prima e dall’Imperialismo poi, dall’estrazione massiccia delle materie prime per l’industrializzazione e le nuove tecnologie, per le guerre combattute ovunque con le armi fabbricate da noi.

Non c’è riparazione possibile, ci può essere solo consapevolezza e una conseguente politica per l’immigrazione.
Noi non difendiamo i confini dell’Italia e non vogliamo che alcuno lo faccia a nostro nome, perché tra le donne e gli uomini nel mondo non ci sono confini.

Questa che segue è una corrispondenza di Sonia Modenese quando era in missione a Lesbo nel 2016. Così per “ricordare” e constatare che la situazione è ancora peggiorata da allora!



Martedì 3 maggio 2016, Mitilene, Lesbo

Le barche arrivano prevalentemente di notte, i colleghi al cambio ci avevano detto che quando le barche arrivano, abbiamo non più di 10 minuti per capire se qualcuno sta male e per valutare quale tra i bambini vada cambiato velocemente: fino a qualche settimana fa i rifugiati venivano presi in carico dal personale di UHNCR, poi dai militari e da allora la situazione è radicalmente cambiata, i migranti vengono caricati in fretta e furia per essere portati nel carcere di Moria, un campo di concentramento a circa 20 km da Mitilene dove sono ammassati in tende anche di fortuna circa 1500 persone, lontane da tutto.

Io e Fabio scegliamo dunque di presidiare la notte, il momento in cui più facilmente le barche partono e dunque approdano, rimanendo nel container al porto: dalla nostra postazione vediamo la costa turca, in circostanze diverse, il rimando per noi occidentali, ricchi, dotati di documento di identità o di un passaporto che con un semplice visto ci permette di raggiungere praticamente qualunque parte del mondo, sarebbe di rilassatezza, di aria di mare, di acqua cristallina, nella patria di Alceo e Saffo, nella culla della civiltà occidentale dentro alla ricca e democratica Europa: se decido di attraversare quel tratto di mare, è sufficiente un biglietto che costa circa 15 euro a/R e circa 45 minuti di viaggio comodamente seduta al riparo da pioggia e vento. Per i tre neonati, per i circa 12 bambini e per i circa 35 genitori approdati a Mitilene questa mattina, quel biglietto costa, ci dicono, dalle 200 alle 800 euro a seconda dei periodi, mentre gli uomini, le donne, i bambini e le mamme con il loro neonato in braccio rischiano in qualunque momento di finire in acqua.

Questa mattina, dunque, alle 7.30 ora locale, mentre mio figlio sta ancora dormendo a casa giacché per lui sono le 6.30, mio figlio che tra poco si alzerà, farà colazione e andrà a scuola, mio figlio che è coscritto di quei bambini che sono partiti due mesi fa da Kabul, che hanno attraversato l’Iran, che hanno attraversato lo stato islamico, che si sono imbarcati su una barchetta mentre Massimo serenamente dormiva, sono sbarcati bagnati piangenti e spaventati ora, qui, in terra Europea

Io e Fabio abbiamo cercato di radunare mamme e bambini per portarli alla stazione operativa che dista circa 100 m dal luogo dello sbarco: è parso subito chiaro che il problema più grave era l’ipotermia per i tre quasi neonati, mentre l’unico bambino che lamentava febbre e mal di gola in realtà era impaurito e aveva patito il mare, il freddo e la situazione.
Fabio è riuscito ad infilare la più piccola tra le neonate sotto la lampada mentre io ho svestito e asciugato e rivestito, aiutata dalle loro mamme, alla male peggio perché pressata dai militari che ci imponevano di fare in fretta, in fretta in fretta, mentre i bambini più grandi non hanno potuto togliere i vestiti fradici poiché i militari non l’hanno permesso: hanno imposto che salissero seppur bagnati sul bus diretto al campo di concentramento di Moira.

Fino a circa 15 giorni fa la situazione era differente, i rifugiati venivano presi in carico dagli operatori UHNCR, la situazione è mutata sono i militari a farsi carico dei rifugiati che sbarcano, e la sensazione è terribile: mi viene in mente Hanna Arendt, che ha riscoperto il fenomeno della sparizione del volto dei singoli nel collettivo, il fenomeno della incredibile solubilità della coscienza personale sotto la forza della pressione dei gruppi, perché il male, più che banale è impersonale, come la velocità e la mancanza di sguardo con cui venivano fatti salire quei bambini sul bus.
E di questo male banale, impersonale, o qualunque cosa esso sia a chi dobbiamo chiedere conto? Io penso di sicuro ai venti mefitici soffiati dentro all’Europa del Front National, di Lega Nord, di Victor Orban, di Alba Dorata, l’Europa che qui a Lesbo come altrove sta perimetrando, segregando, rendendo “altro” e quindi non degno dello status di persona, tutti coloro che arrivano.
Ha ragione Gallino, questa non è una guerra tra poveri, è una guerra contro i poveri: la nostra clinica mobile è attrezzata per affrontare qualunque emergenza sanitaria, ma quella in atto è una emergenza umana.
Sull’isola sono presenti due Europe, quella degli stati, militarizzata, disumana, quella della paura e dell’appartenenza acritica, che non si fonda su un consenso richiesto ma sulla acquiescenza tacita, e dall’altro lato l’Europa delle ONG, dell’UHNCR, con tantissimi ragazzi, uomini e donne provenienti da ogni dove che tentano anche se in modo afono di sorvegliare, di sopperire, di attivare quegli sguardi, di creare quegli anticorpi che nonostante tutto la terra d’Europa non ha.

Sonia Modenese



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