Sono stato comparsa e protagonista di quella straordinaria stagione chiamata Sessantotto.
Sono stato immerso nei “fumi tossici del ‘68” (quelli che Valditara vorrebbe cancellare) e poi ho cercato di fare il “cattivo maestro” per 40 anni, insegnando nelle Scuola secondaria di II grado.
Ho provato a fornire gli strumenti utili per coltivare il pensiero critico, quello che si muove nel dubbio, nella consapevolezza che l’ignoranza è la condizione di partenza di tutte e di tutti.
Ho coltivato un metodo per mettere in discussione i codici e le regole e farli diventare così un prodotto collettivo e condiviso.
Ho favorito le passioni e i piaceri della conoscenza contro gli obblighi del sapere utile. Ho accettato la libertà degli studenti di restare ignoranti, e così sottomessi alle regole scritte da altri, perché solo le scelte che ciascuno compie fanno la differenza.
Ho provato a evidenziare che l’autorevolezza prende le mosse dall’accettazione delle fragilità e dal rifiuto delle forme autoritarie.
Non so se alla fine ci sono riuscito ma sono certo che le banalità illusorie di quello sciocco pretenzioso Valditara si possono arginare e sostituire con la ricerca critica permanente. Ma sarà utile che studenti e insegnanti imparino a fare domande, a chiedere gli uni agli altri di dare spazio ai desideri, a quelli intellettuali, ma senza negare le emozioni e le fragilità.
Indietro non si torna, la storia non lo fa mai! In mezzo a quei “fumi tossici”, come dice l’inetto, abbiamo introdotto un metodo aperto al futuro: un modo condiviso, antiautoritario di avvicinarci alle conoscenze, nessuna restaurazione può fermare un processo di liberazione in corso, lo può solo rallentare, ma poi riparte.
Marco Sansoè, aprile 2025
