L’ultima volta che sono stata a Buenos Aires, alla fine del mio intervento, una ragazza giovane con aria innocente mi chiese che bibliografia avrebbe dovuto leggere per poter fare femminismo. Riportava con tristezza il fatto che nella sua facoltà non esistevano libri di femminismo e che, a parte Silvia Federici, non aveva trovato nulla. Sono stata un po’ maldestra nella risposta, la domanda aveva molto senso ma mi fece infuriare perché, a me, era parsa un insulto. Le dissi, senza giri di parole, che se nella tua facoltà non c’è da leggere forse bisogna lasciare quella facoltà vuota.
Ma mi sono sentita male, so che è stato un colpo ingiusto, so che la compagna se ne andò con un mal sapore, per questo motivo voglio chiedere scusa pubblicamente a lei e passarle questa bibliografia femminista imprescindibile.
Allo stesso tempo, approfitto dell’occasione per passarti questa bibliografia adatta al prossimo corso che impartirò sul femminismo in qualsiasi luogo di incontro, angolo di strada, libreria, casa autogestita o quartiere.
Ti propongo di leggere il corpo di tua madre, le sue smagliature, le sue rughe, i suoi acciacchi, le sue vergogne, le sue inibizioni, i suoi tic nervosi, i suoi scoppi d’ira e di malinconia, che si esprimono attraverso le sue pupille e le palpebre, nelle ciglia o sul naso. Leggi i suoi capelli bianchi, la sua calvizie, la sua fronte e le sue tette cadenti.
Ti propongo di uscire e leggere la strada, sì, uscire a leggerla non a passeggiare, a leggerla. Leggi i suoi colori, i suoi odori, le sue urine, le sue sporcizie, i suoi muri, i suoi marciapiedi e raccogli, come fosse materiale archeologico di gran valore, tutta la stanchezza che si accumula ai suoi angoli.
Ti propongo di leggere il denaro che tocchi, i 100, i 300, i 500 pesos con cui ormai non ci fai più nulla, ma non leggere le parole scritte sulle banconote e nemmeno le figure che vi sono stampate di Eva Perón, Sor Juana o Juana Azurduy, leggi invece le impronte che contengono, le impronte di chi ha provato a spendere quel denaro prima di te, comprare il pane, pagare un debito, risparmiare per l’affitto.
Ti propongo di leggere i luoghi imprescindibili della tua città come ad esempio il carcere femminile, la piazza, il mercato. Ti immagini se, al leggere il carcere, potessi capire le donne che lo abitano, quante meravigliose conoscenze potresti acquisire? Chi lo abita, cosa pensano, cosa immaginano, qual è il concetto di libertà con il quale si svegliano?
Ti propongo di prendere un autobus o la metropolitana e di sederti in uno di quei sedili consumati e lasciare che ti penetrino il culo i verbi di chi si è seduto lì prima di te in cerca di qualcosa che non ha mai incontrato, verbi come desiderare, verbi come cercare, verbi come sperare. Leggi il sedile e siedi sul sedile fino a quando non ti prude l’ano per quanto l’hai compreso. Scoprirai che gli oggetti hanno una vita, accumulano storia e conoscenze che bisogna imparare a svelare.
Ti propongo di leggere la vita, la realtà, il quartiere, gli occhi delle donne, le loro bocche, i loro vestiti, le loro unghie.
Ti propongo di leggere gli oggetti che compongono l’architettura della nostra vita quotidiana, il sacchetto per fare la spesa al mercato, il suo odore e quanto è consumato, la caffettiera, la cucina, il pavimento dell’entrata.
Ti propongo di leggere te stessa in profondità.
E che con questa bibliografia imprescindibile tu venga ai miei corsi di femminismo per depatriarcalizzare la società. […]
Maria Galindo, Comune, 24 settembre 2024