Il conflitto necessario

[…] dall’assemblea del Forum Disuguaglianze Diversità : l’attuale politica economica del Governo crea le condizioni per la maturazione nel Paese di nuove aree di potenziale “contro-potere” che sono danneggiate dalle scelte dell’esecutivo. Si pensi alle libere professioni, a quelle parti del terzo settore non “catturate” dalla distribuzione di fondi pubblici, ai livelli intermedi del governo e dei territori, alla parte più innovativa delle imprese private, a tutte quelle esperienze che ricercano nuove forme di relazione tra partecipazione, tecnologia e produzione di beni e servizi. Si tratta di aree molto eterogenee e che non costituiscono “naturalmente” un insieme di interessi facilmente aggregabili in una domanda politica univoca. Una possibilità, per farlo, è quella di lavorare alla costruzione di rapporti di forza che permettano di alzare il livello del conflitto politico.

Si tratta quindi di aprire vertenze nazionali per la promozione e l’adozione di specifiche proposte; di promuovere iniziative nazionali di tipo giudiziale per contestare la mancata applicazione di norme o promuoverne l’uso; di sostenere azioni di disobbedienza civile per attivare un impegno diffuso nel contrastare norme ingiuste.

Il tutto evitando la sindrome dei cento fronti, dispersiva di energie; il collateralismo, ossia partecipare ad alleanze dove il valore aggiunto dell’azione-in-comune si perde; la passività, ossia essere costretti sui terreni decisi dagli avversari; il “retismo” dove ogni soggetto fa rete con tutti gli altri, mettendo se stesso al centro e accrescendo la frammentazione. Di nuovo, rischi facilmente evitabili se l’organizzazione e l’intermediazione politica non fossero state depotenziate e distorte con la connivenza di tutta la classe politica post-89. Un buon proposito per il 2025 potrebbe quindi essere la ricostruzione delle forme della politica, in modi adeguati ai tempi nuovi.

Filippo Barbera, il manifesto, Forum Disuguaglianze Diversità

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