Ancora una volta, il 4 novembre, il manifesto ha pubblicato la “Lettera agli ebrei italiani” di Franco Lattes Fortini (1917-1994), Il suo cognome di nascita era Lattes, aveva un padre ebreo ma fu battezzato valdese.
La lettera fu scritta, dopo la Prima Intifada, il 24/5/1989, ma il dialogo a distanza con la comunità ebraica e con la “questione palestinese” era iniziato già nel 1967 con la pubblicazione di I cani del Sinai, scritto dopo la Guerra dei Sei giorni. Titolo emblematico dal doppio significato: nel Sinai in realtà non ci sono cani ed è anche un sinonimo di correre in soccorso del vincitore.
Quel confronto proseguì nel tempo in modo critico e sempre attento a sottolineare il dramma della perdita irreparabile di vite umane e il rischio della disumanizzazione progressiva tanto di chi viene offeso quanto di chi offende.
La “Lettera… è un testo che nulla ha perso della sua radicalità e del suo accorato dolente spirito di verità. I problemi e le domande che pone restano ancora oggi aperti e immutati. Semmai aggravati”.
Siamo stati sollecitati alla pubblicazione da Luciano Guala che ci ha scritto: “…Oggi quello stesso articolo viene ristampato dallo stesso giornale per lo stesso motivo, anzi, è già la terza volta, dopo la seconda in occasione dell’ operazione Piombo fuso che ci raccontò Vittorio Arrigoni.
Sono troppo vecchio ormai per rileggerlo la quarta volta, ma sono convinto che ci sarà ancora una quinta, una sesta e via…, finché non avremo risolto il senso di colpa verso la popolazione ebraica (forse chi odia i Palestinesi si dimentica che anche loro sono Semiti?)”.