L’Ordine Nazionale degli Psicologi ha deciso di istituire, attraverso una modifica recente del proprio codice deontologico, un trattamento psicologico obbligatorio, pur evitando di definirlo in questo modo formalmente.
Secondo il nuovo codice se lo psicologo ritiene il “trattamento sanitario” necessario, la decisione deve essere rimessa all’“autorità giudiziaria”.
Il trattamento sanitario obbligatorio è regolato dalla legge italiana in modo che non lascia spazio a dubbi interpretativi. Perché sia applicato occorrono due pareri medici, un’ordinanza del sindaco e la convalida da parte dell’autorità giudiziaria entro 48 ore.
Il trattamento sanitario obbligatorio è una misura di contenimento repressiva transitoria, giustificabile solo dal pericolo reale di un grave danno fisico della persona da contenere o di altri.
È un atto di reclusione che deve avvalersi di un trattamento farmacologico sedativo e di un sistema di accudimento relazionale rispondente all’esigenza umana di comunicazione e di ascolto della persona reclusa a cui devono partecipare tutti gli operatori del servizio di salute mentale. Gradualmente nell’accudimento relazionale si può inserire un sostegno psicoterapeutico. Reclusione e sedazione sono misure impositive.
L’ascolto e il contatto umano si accordano con un’esigenza naturale di chi soffre che bisogna gestire con attenzione e tatto, senza pretenderla o predeterminarla. Il sostegno psicoterapeutico è per sua natura non impositivo ed è legittimato da chi desidera usarlo e da nessun altro.
Nell’ambito della salute mentale la competenza degli psicologi riguarda la psicoterapia (se hanno avuto una formazione in essa, accessibile anche ai medici) che in nessuno modo rientra nell’obbligatorietà del trattamento.
Il trattamento obbligatorio ha carattere d’urgenza e mira a un’immediata azione contenitiva e sedativa. La decisione e realizzazione di tale azione, che non si ottiene con un intervento psicoterapeutico, non può essere affidata a dei psicologi.
L’Ordine degli Psicologi entra, attraverso il suo codice deontologico, in contrasto con la legge dello Stato, pretendendo di sostituirla e per di più in un campo non di sua competenza. In realtà l’Ordine gioca con le parole, creando notevole confusione, ma il suo obiettivo è estendere il trattamento sanitario obbligatorio nel campo “psicologico”. Più precisamente ciò che vuole è che i minori possano essere sottoposti a trattamento anche senza il consenso informato dei loro genitori, sul solo parere di uno psicologo rimesso, senza altra mediazione, alla sola autorità giudiziaria.
Il fatto che l’obiettivo politico di un Ordine professionale, che dovrebbe sfociare in una richiesta al potere legislativo, abbia acquisito nei confronti degli iscritti, attraverso il codice deontologico che essi sono obbligati a rispettare, “Forza di Legge”, in contrasto con leggi vigenti dello Stato, è totalmente privo di valore giuridico e, a dire il vero, surreale. Qualsiasi cosa ne pensi la dirigenza attuale degli psicologi italiani, nessuno è obbligato a rendere necessario un trattamento che solo una legge statale può imporre.
È importante chiarire che nel campo della sofferenza psichica lo psicologo deve essere formato come psicoterapeuta per poter avere funzioni di cura. Che i genitori non possono essere espropriati della loro responsabilità, a meno che non abbiano legalmente perso la potestà genitoriale. Che il consenso vero (soprattutto con i minori) si realizza nel processo della cura psichica, altrimenti essa è inutile o dannosa.
L’espansione di un campo professionale deve avvenire nel rispetto dell’etica e del buon senso. Il benessere psichico (e non genericamente “psicologico”) di una persona, di un gruppo, di una comunità nessuno non lo conosce o lo stabilisce a priori ed è totalmente estraneo alle imposizioni.
Sarantis Thanopulos, il manifesto, 7 ottobre 2023