L’autunno dei più fragili …di Chiara Saraceno

Abbiamo rubato questo articolo di Chiara Saraceno perché è una intellettuale che stimiamo e l’articolo è chiaro, esaustivo e implacabile. Qui ci sono le contraddizioni e le nefandezze delle politiche economiche e sociali dei governi degli ultimi 30 anni e l’inconsistenza propagandistica di quest’ultimo!

******************************************

“Un autunno molto pesante attende chi, per qualche motivo, si trova in condizione di fragilità. Il servizio sanitario, fiore all’occhiello del nostro sistema di welfare, fa sempre più fatica a garantire il diritto alla cura, lasciando chi può permetterselo, al privato, e chi non può all’azzardo di lunghe attese. La scuola a tempo pieno continua ad essere una chimera proprio là dove sarebbe più necessaria per contrastare la povertà educativa e lo stesso vale per gli asili nido. Il lavoro povero, non solo perché a bassa remunerazione, ma perché temporaneo, intermittente, a part time involontario, continua a costituire una parte consistente del lavoro che c’è (3 milioni di individui, secondo le stime dell’Istat), lasciando molte famiglie prive dei mezzi sufficienti per soddisfare i propri bisogni e molti individui privi della possibilità di fare progetti, incluso quello di formare una famiglia, mentre l’inflazione erode il reddito dei ceti più modesti, inclusi coloro che prima bene o male ce la facevano. Ciononostante il governo ha già tolto il reddito di cittadinanza ad oltre 170 mila persone perché le considera in grado di “attivarsi” e trovare un lavoro decente solo perché adulte e senza figli minorenni a carico.

La crisi della sanità pubblica, il sottodimensionamento dell’offerta scolastica e dei servizi per l’infanzia, il lavoro povero, l’inflazione non sono, ovviamente, esclusiva e neppure principale responsabilità del governo. Hanno, nel caso di sanità, scuola, e lavoro povero, origini più lontane e, nel caso dell’inflazione, esogene. Ma il governo può contenere i danni e invertire la tendenza o viceversa peggiorarle. Purtroppo si è mosso più nella seconda direzione che nella prima. Non solo ha tolto il reddito di cittadinanza a decine di migliaia di persone senza verificare se fossero effettivamente “occupabili” e ci fosse una domanda di lavoro alla loro portata.

Non ha neppure provveduto a ciò che pure si era impegnato a fare con la legge di Stabilità: la messa a punto di corsi di formazione intensivi (auspicabilmente con la collaborazione delle aziende interessate). Siamo a fine agosto e al primo settembre chi, tra i più poveri di queste persone (con un Isee di 6.000 euro), vorrà accedere al più modesto e temporaneo sussidio che per loro sostituirà il reddito di cittadinanza, il Sostegno formazione lavoro, dovrà dimostrare di essere iscritto ad un corso di formazione per il quale, tuttavia, lo Stato, il governo, non si è preso nessuna responsabilità. È facile sospettare che molti saranno presi al laccio da corsi inventati e di nessuna utilità per poi essere abbandonati a se stessi. Abbandono cui sono lasciati in modo definitivo coloro ai quali è stato tolto il RdC, ma hanno un Isee superiore a 6.000 euro, quindi non possono accedere al Sostegno formazione lavoro. Si aggiunga che è probabile che a gennaio molte famiglie, “salvate” dall’esclusione dal RdC perché con minorenni, si troveranno escluse dal nuovo strumento che lo sostituirà, l’Assegno di Inclusione, a motivo della combinazione di una scala di equivalenza più punitiva nei confronti dei minori e dell’esclusione dal conteggio dei componenti adulti, salvo eccezioni stringenti.

Anche nel campo della sanità e della scuola si è proseguito con i tagli, immemori di quanto appreso con l’epidemia di Covid. È preoccupante che sanità, scuola e nidi siano i settori in cui l’attuazione del Pnrr è nel migliore dei casi rimandata, nel peggiore cancellata. Eppure sono settori non solo di potenziale domanda di lavoro buono, ma di importanza cruciale per la riduzione delle diseguaglianze sia sociali sia territoriali, e, nel caso del tempo pieno scolastico e dei nidi, anche per la conciliazione famiglia-lavoro, le cui difficoltà impediscono a molte donne, specie dei ceti più modesti, di lavorare in modo remunerato, impoverendo loro e le loro famiglie.

Per quanto riguarda il lavoro povero, si è rimandata la discussione sul salario minimo e non si è proprio avviata, anche per responsabilità delle opposizioni, quella sulla precarietà (che per altro è stata parzialmente incentivata con la liberalizzazione dei rinnovi dei contratti a termine). Le cose non vanno meglio, al contrario, sul versante immigrazione. Dopo aver tagliato gli importi per i costi dell’accoglienza, riducendola, quando va bene, alla sola sopravvivenza, e aver privilegiato le grandi strutture rispetto all’accoglienza diffusa, a fronte dell’aumento degli arrivi si scarica tutto sui Comuni. Questi ora si trovano a fronteggiare, con risorse finanziarie e umane scarse, la doppia pressione dei migranti — spesso minorenni non accompagnati — e di chi, avendo perso il sostegno dello Stato, o non potendosi curare o avendo altre fragilità, si rivolge ai servizi comunali. Con il rischio di scatenare guerre tra poveri e/o reazioni anti-migranti. Uno sbocco un tempo forse auspicato e persino sollecitato dalla destra, ma rischioso anche per lei ora che è al governo e sta dimostrando che l’immigrazione è un fenomeno complesso e non governabile con gli slogan.”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *