E’ morto Luigi Bettazzi

Era una persona gentile, garbata anche quando assumeva posizioni scomode e di rottura; aveva un certo gusto dell’ironia, caratteristica conservata fino alla fine.

Monsignor Luigi Bettazzi è scomparso prima dell’alba a 99 anni (ne avrebbe compiti 100 anni il 26 novembre) ad Albano d’Ivrea dove viveva da molti anni.

Era nato a Treviso ma si era trasferito da giovane a Bologna dove aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 4 agosto 1946. Il 10 agosto 1963 la nomina a vescovo ausiliare di Bologna cui seguì il 4 ottobre la consacrazione episcopale.
Una settimana prima però ci fu l’emozione del Concilio Vaticano II di cui prese parte, accanto al cardinale Giacomo Lercaro a tre sessioni, iniziando dalla seconda, il 29 settembre 1963. Concluse le assise conciliari, fu nominato vescovo di Ivrea, prendendo possesso della diocesi il 15 gennaio 1967. Parallelamente al servizio nella Chiesa locale cresceva l’impegno per la causa della non violenza, fino ad essere nominato nel 1968 presidente di Pax Christi, vivendo in maniera così profonda quell’incarico da ricevere il premio internazionale dell’Unesco per l’educazione alla pace.

Ma al di là delle tappe ufficiali della sua biografia restano i gesti rimasti nella memoria di chi ha attraversato quell’epoca: quella che lui chiamava “la scuola di laicità”.
Le battaglie al fianco dei lavoratori dell’Olivetti, della Lancia e del cotonificio Vallesusa. A proposito dell’Olivetti, il 10 ottobre 1979 scrive all’ingegnere Carlo De Benedetti una lettera aperta, pubblicata lo stesso giorno sul settimanale diocesano. In quella lettera considerava inaccettabile la decisione di ridurre il personale per aumentare i profitti dell’impresa e mettere in salvo i conti.
E poi lo scambio epistolare con il segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer: un dialogo sul rapporto tra la fede cattolica e l’ideologia marxista ma soprattutto sul valore della laicità.

Nel 1978, assieme ai vescovi Clemente Riva e Alberto Ablondi, chiese di potersi offrire prigioniero in cambio di Aldo Moro rapito dalle Brigate Rosse. La richiesta venne respinta dalla Curia Romana e Bettazzi raccontò che, quando fece presente che si trattava di una vita umana e non di un fatto politico, ricevette in risposta la frase “È meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera”.

Importanti le battaglie per l’obiezione fiscale alle spese militari, sostenne l’obiezione di coscienza quando ancora si rischiava il carcere. Nel 1992 partecipò alla marcia pacifista organizzata a Sarajevo, durante la guerra civile in Bosnia ed Erzegovina, da “Beati costruttori di pace e Pax Christi”, insieme a monsignor Antonio Bello.

Quando rinuncia alla guida della diocesi di Ivrea, per raggiunti limiti di età, non cessa il suo impegno. Nel 2007 si dichiarò favorevole ai Dico, disegno di legge presentato dal governo sui “diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”, comprese le coppie omosessuali.
Gli ultimi anni è continuato l’impegno, con scritti, incontri e conferenze, nell’educazione alla nonviolenza e nella riflessione sul Concilio Vaticano II.

Salutiamo un “compagno di strada” che abbiamo avuto occasione di incontrare alcune volte.



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