Il buio oltre la siepe: brutalità e discriminazioni della polizia

Torniamo su alcuni fatti che ci obbligano ad una riflessione sugli abusi violenti della polizia nei confronti dei migranti. L’ASGI ci aiuta a fornire indicazioni utili. Un video ripreso dal cellulare. Un video senza il quale quanto accaduto nella giornata di martedì 24 maggio a Milano non sarebbe probabilmente mai venuto alla luce. Una persona a terra e tre agenti che intervengono con manganellate, calci e uso di spray urticante.

Il buio oltre la siepe: gli interventi brutali da parte delle forze di polizia impongono una riflessione riguardo ai controlli e agli interventi di polizia discriminatori

Non si tratta di un caso isolato

Quanto avvenuto a Milano non è purtroppo un caso isolato ed appare ancor più odioso perché coinvolge una persona transessuale che, secondo quanto riportato dalla stampa, avrebbe mostrato chiari segni di una vulnerabilità psichiatrica. A giugno del 2021, un altro video diffuso tra i social mostra l’intervento dei carabinieri ai danni di un gruppo di giovani, prevalentemente afrodiscendenti, davanti ad un fast food nei pressi di Porta Ticinese a Milano. Anche in questo caso le immagini mostrano l’uso arbitrario ed eccessivo della forza da parte dei carabinieri, alcuni dei quali in assetto antisommossa. Calci, manganellate e spintoni e, secondo quanto riportato dalle persone coinvolte, insulti razzisti. Nel luglio del 2022, sempre a Milano nei pressi di Piazza Gae Aulenti, la polizia ha fermato e perquisito un giovane uomo afrodiscendente: la notizia ha destato particolare scalpore solo perché il soggetto controllato era il calciatore del Milan Tiemouè Bakayoko. Il video diffuso mostra con evidenza come le modalità violente con cui il fermo e la perquisizione erano iniziate siano cessate soltanto nel momento in cui gli agenti hanno realizzato l’identità del giovane. È stato lo stesso calciatore a dichiarare: “Il problema non è l’errore ma la metodologia. Mi sono ritrovato l’arma ad un metro da me. Ci hanno messo chiaramente in pericolo. Le conseguenze avrebbero potuto essere ben più gravi se non avessi mantenuto la calma, se non avessi fatto il lavoro che faccio”.

Episodi simili, anzi peggiori nella brutalità che li ha caratterizzati, si sono verificati con una certa frequenza nei mesi di dicembre e gennaio scorsi davanti agli uffici della Questura di via Cagni, nei confronti delle persone in coda dalla domenica sera al fine di poter presentare domanda di protezione internazionale il lunedì (unico giorno di apertura). Le gravi violenze commesse dalle forze dell’ordine a danno di chi come unica colpa aveva il tentato esercizio di un diritto fondamentale sono state documentate da alcuni volontari dell’associazione Naga e poi riprese da diverse emittenti e testate. 

Discriminazioni e profilazione etnica

Le persone che per le loro caratteristiche somatiche o per il modo di esprimersi, di vestire o di “apparire” vengono percepite come straniere o come minoranza affrontano quotidianamente la discriminazione e le sue conseguenze, ma l’esatta portata del fenomeno è difficile da valutare a causa della mancanza di dati e della generale tendenza a non riportare tutti gli episodi di razzismo. La progressiva intensificazione delle misure di controllo si caratterizza spesso con interventi che hanno una forte incidenza discriminatoria sia nelle aree urbane sia nelle aree di frontiera, luoghi nei quali la paventata necessità di prevenire crimini transfrontalieri e combattere l’immigrazione irregolare diventa il pretesto per adottare condotte fortemente lesive della dignità delle persone straniere. Come riportato recentemente dal mensile Altreconomia, secondo lo studio “Essere neri in Europa” condotto nel 2018 dalla European Union Agency for Fundamental Rights (FRA), su quasi seimila afrodiscendenti in dodici diversi Paesi, Italia inclusa, “tra coloro che sono stati fermati nei dodici mesi precedenti il sondaggio, il 44% ritiene che l’ultimo arresto subito sia stato a sfondo razziale. Questa opinione è stata condivisa al massimo dagli intervistati in Italia (70%)”. 

“L’uso da parte delle forze dell’ordine, quando procedono a operazioni di controllo, sorveglianza o indagine, di motivi quali la razza, il colore della pelle, la lingua, la religione, la nazionalità o l’origine nazionale o etnica, senza alcuna giustificazione oggettiva e ragionevole”, definito come “profilazione etnica”, è stato condannato dal Consiglio d’Europa, dal Parlamento Europeo e dalla Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza e oggetto di pronunce di corti nazionali ed europee.

Le nostre raccomandazioni

ASGI, pur accogliendo con favore l’immediata condanna della giunta del Comune di Milano che ha disposto l’immediato trasferimento degli agenti coinvolti, auspica non solo che le indagini condotte sull’aggressione di ieri portino ad un pieno accertamento delle responsabilità, ma anche che quanto accaduto apra un’attenta riflessione sulle modalità di svolgimento dei controlli e delle attività di contrasto da parte delle autorità di polizia, e che in seguito a tale riflessione le autorità pubbliche vogliano adottare misure adeguate ad assicurare il rispetto della dignità umana e del principio della parità di trattamento. 

In particolare raccomanda che:

1) il Ministro dell’Interno, quale autorità nazionale di pubblica sicurezza, impartisca una direttiva a tutto il personale delle forze di polizia statali e locali in cui si indichino modalità di svolgimento dei controlli di identità e degli interventi operativi in strada che evitino ogni forma di profilatura etnica e ogni forma di uso eccessivo o sproporzionato della forza; 

2) siano adottate modalità uniche di formazione del personale delle forze di polizia statali e locali per attuare queste modalità di condotta; 

3) i servizi per il controllo interno delle forze di polizia statali e locali facciano ogni sforzo per svolgere approfondite indagini disciplinari al fine di prevenire e contrastare nel personale delle forze di polizia ogni forma di profilatura etnica e di uso sproporzionato della forza

4) sia adottato il numero unico per gli appartenenti a tutte le forze di polizia statali e locali in modo da rendere riconoscibile la responsabilità personale di eventuali comportamenti vietati dalle norme disciplinari e dalle norme penali.

5) l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti antidiscriminatori (OSCAD) si occupi anche di raccogliere elementi e denunce e di svolgere attività di formazione e sensibilizzazione tra il personale delle forze di polizia statali e locali su buone pratiche per la prevenzione e il contrasto di atti di violenza etnica da parte del personale delle forze di polizia e dell’uso sproporzionato o ingiustificato della forza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *