Biella, 11 febbraio :: I drammi della guerra. Il “Fronte orientale”

Non ci piacciono le “giornate di…”, quelle giornate che le politiche nazionali e internazionali dedicano a qualcosa. Sono l’occasione per mostrare sensibilità ad un dramma o attenzione ad un tema di comune interesse, che nascondono invece l’incapacità di fare chiarezza o la mancanza di volontà di affrontare davvero le questioni. Questa è la cultura ipocrita e autoreferenziale delle diverse forme del potere politico.
Ma quando queste giornate sono anche istituite per rileggere la storia in modo strumentale, per piegare i fatti, riscrivere il dramma della guerra e dare forma a ideologie nazionaliste e identitarie, che sono causa di quei drammi, non possiamo tacere e proviamo a contribuire a fare un po’ di chiarezza.

COMUNICATO STAMPA

La cosiddetta “vicenda delle foibe” – cavità carsiche da tempo immemore utilizzate quali luoghi di discarica – declinata nella versione che le vede destinate a luogo di sepoltura delle vittime di una presunta strage antiitaliana perpetrata dall’Esercito di liberazione yugoslavo nel periodo 1943-1945 nell’Istria e nella Venezia Giulia, è una ricostruzione fascista nata ancora nel periodo delle cosiddette foibe istriane dell’autunno ’43 e che venne proposta con l’intento di screditare ora per allora la lotta di liberazione, soprattutto quella di ispirazione comunista, italiana e yugoslava.

Questa narrazione è continuata dopo la fine del conflitto, in un clima di guerra fredda, da parte della destra post-fascista allo scopo di accreditarsi quale difensore dell’italianità compromessa e di occultare le responsabilità del fascismo nella snazionalizzazione delle popolazioni slovene di confine e della guerra di aggressione delle Yugoslavia, e finanche da parte delle istituzioni dell’Italia democratica che hanno voluto – con la promulgazione della legge n. 92 del 2004 di istituzione del Giorno del ricordo il 10 febbraioedificare il mito di un nuovo nazionalismo unificante sulle ceneri delle ideologie.

La storia cattiva scaccia quella buona e la lotta di liberazione dai nazifascisti condotta dai partigiani comunisti italiani e yugoslavi diventa un’orgia di  sangue dove a farne le spese è la popolazione italiana in quanto tale, con i superstiti poi costretti poi a fare le valigie per non subire la stessa sorte.

Per dirla con lo storico Angelo d’Orsi, “gli eredi, biologici o politici, dei fascisti occupanti la Jugoslavia negli anni ‘40, autori di stragi inaudite, di devastazioni e vessazioni ai danni della popolazione locale, non sembrano più in cerca di una semplice (e impossibile) autoassoluzione per il loro ruolo di carnefici, ma ormai si propongono, con crescente protervia, nei duplici panni di vittime, e, addirittura, di «eroi»”.

E’ in pericolo il concetto stesso di antifascismo; non possiamo trovarci, fascisti e antifascisti dalla stessa parte il 10 di febbraio in nome dell’identità nazionale.

Anche perché, grazie alla legge istitutiva del Giorno del ricordo, la Repubblica italiana ha conferito onori persino a 300 repubblichini di Salò e ad almeno 6 criminali di guerra in ex-Jugoslavia, che non sono mai stati infoibati.

“Il fascismo ed i fascisti  – scrive lo storico Sand Volk – non sono più qualcosa di cui vergognarsi, anzi sono diventati rappresentanti di un altro modo di amare l’Italia, di essere al servizio dell’Italia, e in quanto tali pienamente legittimati a essere sussunti nella nuova ideologia della Nazione che è stata costruita quale fondamento della Seconda Repubblica”.

E’ per ragionare seriamente di tutti questi aspetti che la sezione Anpi Valle Elvo e Serra, in collaborazione con il Coordinamento biellese antifascista, il Laboratorio sociale la città di sotto, il Partito comunista del lavoratori, il Partito marxista leninista italiano e il Partito della rifondazione comunista promuovono per sabato 11 febbraio alle 15 a Biella al Museo del territorio un incontro con la storica triestina Claudia Cernigoi. Un momento importante per far luce su una delle vicende più controverse della nostra storia più recente e per tentare di riportare la storia sui binari di una ricostruzione rigorosa e non ideologica.

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