Non temo il Fascismo

Non temo il Fascismo perché non c’è più e non può ripresentarsi. A differenza di ciò che pensa qualcuno la storia non si ripete, mai. La storia prosegue, non si interrompe, vira, si schianta, si trasforma, mai in modo lineare, sempre in modo complesso e contraddittorio, ma prosegue.

Non temo nemmeno i fascisti perché sono prevedibili, autoreferenziali, così indaffarati a manifestare la propria identità nostalgica del Fascismo (che non torna più) o a dimostrare di non esserlo e di essere altro (chissà cosa).

Sono altre le cose che temo. Temo la fascistizzazione della società. Temo la società del pensiero unico dentro la quale ci sei o sei fuori (fuori, altro, diverso…); quella ipocrita di Dio Patria Famiglia; la società della violenza dell’io e del noi contro altri o oltre l’altro; quella di chi vive la propria identità (chissà quale) come condizione certa, definitiva ed esclusiva; la società che non accetta le fragilità e si accanisce sostenendo il merito, che è sempre di classe o di genere.
Temo i maschi che in famiglia picchiano o uccidono le donne perché sono proprietà e possesso.
Temo lo Stato in cui la Magistratura costruisce teoremi fantasiosi contro terroristi inesistenti e le Forze dell’ordine li “dimostrano” con la violenza e le torture; temo la giustizia di uno Stato nel quale in sette mesi si suicidano 59 detenuti; temo le Questure che usano il “foglio di via” per colpire il dissenso, chi protesta e chi lotta.
Temo la politica che inventa il migrante clandestino; quella del green pass che non salvaguardia la salute di tutti ma discrimina e impone nuove forme di controllo; temo la politica che nomina Presidente del consiglio una persona che non è stata eletta dai cittadini; quella in cui alle elezioni partecipa il 60% degli aventi diritto e i Sindaci sono eletti dal 25-30% degli elettori.
Temo il Paese che beneficia dell’aumento della produzione di armi e partecipa alle guerre umanitarie (e giuste).
Temo l’ignoranza inconsapevole, diffusa e somministrata dai media e dai social network. Temo la società priva di gentilezza. Temo la fascistizzazione della società.

Ma non ho paura. Perché tutto il resto è possibile, è praticabile e non mi spaventa.

Sappiamo che la rottura e il superamento di questa deriva autoritaria (che da decenni soffoca e stritola, inconsapevolmente e consensualmente, la società contemporanea) è possibile solo con l’allargamento e la diffusione del conflitto sociale, per sovvertire lo stato di cose presente.

Sappiamo anche che solo pezzi “marginali” della società sembrano dedicarsi a questo compito. Ora cosa aspettiamo?

marco sansoè

1 commento

  1. Molto interessante quello che scrivi sull’IO.
    Penso che IO è profondamente fascista. O meglio abbandonando una categoria storica, l’IO è il nostro errore, per non dire peccato.
    IO, IO, IO mi hanno insegnato a dire che è il complesso della vacca di Giove.
    IO è la nostra prigione, la gattabuia in cui ci rinchiudiamo, abbandonare l’IO è un atto a me sconosciuto, ci provo, ci penso, penso che sia la mia unica rivoluzione possibile. Anche la presunzione di rispondere in modo così pubblico mi lascia perplesso, sicuramente è il mio IO a parlare, a specchiarsi, a compiacersi, insomma c’è scampo ?
    E’ quello che sto cercando.
    Per quanto riguarda le rivoluzioni ( francese, messicana, russa, indiana e altre che non conosco), penso che in quelle occasioni, si crei un IO collettivo, attraverso alchimie che presto sfumano per lasciar nuovamente prevalere l’ IO individuale ( è strano come la parola individuale contenga il dentro e il no, in, il divisivo, dividu, e l’alea, ale, è IN che ci frega, nega la possibilità di essere divisi dentro etimologicamente, lo so, fa cagare, ma è per appagare IO, quello che pensa di avere cose da dire ). Qua mi fermo ho scritto anche troppo.
    E forse ho detto tante cavolate.

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