“Stefano Cucchi è morto, ucciso dalle botte di chi avrebbe dovuto custodirlo e proteggerlo e dal silenzio di chi avrebbe dovuto parlare, il 22 ottobre 2009. Qualche giorno dopo le foto del suo volto tumefatto sono comparse su alcuni giornali. Subito c’è stato chi è corso a minimizzare e a difendere l’operato delle diverse forze di polizia che avevano avuto in consegna lo sfortunato giovane, a sua volta criminalizzato perché “tossico”. Ci sono voluti 12 anni e mezzo per arrivare all’accertamento giudiziario definitivo della dinamica dei fatti (pur evidente fin dall’inizio)” (Livio Pepino).
L’abuso di potere, la pratica della tortura, le falsificazione degli atti, i depistaggi, la deliberata e sistematica copertura dei responsabili, l’insofferenza per le verifiche della magistratura e per le richieste di trasparenza dell’opinione pubblica, le minacce e le vessazioni nei confronti dei famigliari non sono stati eventi e comportamenti eccezionali all’interno di apparati leali e capaci di correggere i propri errori, bensì elementi ricorrenti nella condotta delle nostre forze dell’ordine, autorizzate e sostenute, senza eccezioni, fin da Genova 2001.
Ma ora sono arrivate le condanne per chi l’ha ucciso e per l’intera catena di comando che li ha coperti. Ciò è avvenuto solo per la determinazione della famiglia di Stefano, che abbracciamo e ringraziamo…