CUB. Torniamo alla scala mobile

Cambiare il metodo di indicizzazione dei salari? Torniamo alla scala mobile

La perdita del potere di acquisto dei salari frena la domanda e preoccupa lo Stato costretto a intervenire per contenere la crescita delle tariffe e presto ad adottare misure di sostegno al reddito più sostanziose e credibili di quelle attuali.

Per anni i sindacati hanno raccontato la novella, per nulla lieta, del codice Ipca più favorevole della inflazione programmata per occultare un semplice fatto: l’aumento dei salari doveva essere inferiore al costo della vita per contenere la inflazione e drenare soldi alla impresa e ai profitti.

Il Governo dal canto suo ragiona in altri termini, qualche intervento sarà necessario per non compromettere la competitività delle imprese ma non per recuperare potere di acquisto salariale e men che mai potere contrattuale.

Negli Usa l’aumento della inflazione è dovuta alla crescita dei profitti e delle disuguaglianze, agli interventi statali a favore delle imprese e dei grandi capitali che nei due anni pandemici hanno rinunciato ad invocare meno stato e più mercato.

La Ue e l’Italia, al contrario degli Usa, non vogliono togliere la tassa sugli extra guadagni delle società energetiche le quali invece spingono per rimuovere ogni ostacolo ai loro mega profitti, la decisione di Draghi è dettata dal conservare equilibri sociali con i sindacati e la tenuta dei conti pubblici ma nel frattempo alle imprese è stato concesso il ripristino dei licenziamenti collettivi  e aiuti fiscali di vario genere.

Calcolare gli aumenti con il codice Pica depurato dai costi energetici significherebbe accordare aumenti del tutto insufficienti e inferiori al costo reale della vita, per questa ragione all’orizzonte intravediamo l’ennesimo compromesso a perdere con i sindacati pronti a cantare vittoria per qualche irrisoria concessione.

I sindacati chiedono solo una revisione del sistema di calcolo mai il ripristino di meccanismi automatici di adeguamento dei salari, e delle pensioni ricordiamolo, al reale costo della vita.

L’anno appena trascorso ha visto aumenti contrattuali dello 0,6% rispetto a prezzi al consumo aumentati del 2%, praticamente un terzo in più.

E anche considerando i prezzi dei prodotti non energetici i salari sono cresciuti meno e hanno perso potere di acquisto.

Da qui si evince quanto sia errato difendere il codice Ipca o proporne una parziale revisione,  come del tutto fuorviante è far riferimento ad un paniere Istat assai incompleto. Se vogliamo allora ragionare in termini inclusivi non resta che una soluzione: meccanismi automatici di recupero del potere di acquisto

Sindacato di base Cub Pisa

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