Varata dal Governo la Legge di bilancio. Un progetto economico di breve/medio periodo, pieno di “vuoti” e contraddizioni, ma con intenzioni chiare che vanno incontro alle “fasce protette” della società, “dimenticando” i deboli e gli esclusi. Una politica di incentivi senza investimenti, che rinvia le scelte attuative ai governi futuri.
Insomma, Draghi non programma: si dedica a costosi interventi “a pioggia” e ben poco a misure di cui possano beneficiare le donne e i giovani. Invita i giovani ad avere “il coraggio di rischiare” ma lui non lo fa, nulla deve cambiare nell’assetto generale.
In economia le parole hanno un significato specifico. Draghi non parla di riduzione della pressione fiscale ma di riduzione delle imposte e questo non ha alcuna attinenza con “la crescita economica”. Al contrario l’effetto sarà la riduzione del pubblico nell’erogazione dei servizi essenziali, proprio sanità e scuola!
Per Draghi va “alimentata la crescita sperando che ne scaturisca lavoro”, invece di “creare lavoro per attivare la crescita, cambiandone qualità e natura”. Non ha il coraggio di proporre “un vero e proprio Piano per la creazione diretta di occupazione”. Elenca gli ambiti di spesa ma manca la volontà di collegare queste in modo “condizionante” alla finalità di generare “occupazione addizionale”.
Nel metodo c’è confusione e vaghezza. Le cose dette in conferenza stampa non coincidono con le cose scritte nel comunicato del governo, anche nei numeri. Le voci di bilancio sono generiche, così come gli ambiti di spesa. Sembra che l’incertezza possa diventare lo strumento ideale per fare entrare (od escludere) ogni cosa all’abbisogna, come in passato, da sempre…
Quale sia la “legge di bilancio” resta un mistero. Ma non siamo di fronte ad incapacità. Draghi consolida un disegno liberista, senza programmazione, senza interventi diretti dello Stato, consolida la centralità dell’impresa e la libertà di manovra di questa sul mercato del lavoro, alla società concede sussidi, incentivi a pioggia e coperture economiche a termine. Purché tutto resti come prima.
Così si spengono le illusorie e ipocrite riflessioni dei media: si diceva “nulla sarà più come prima”! Noi, forse, siamo cambiati ma i poteri economici ed il ruolo della politica resta lo stesso!
Sapremo rispondere? I sindacati non lo fanno, pare che non lo sappiano più fare. I partiti della “sinistra” sembrano intenti a chiedersi chi sono o a ricercare, per l’ennesima volta, unità o soggetti nuovi da costruire… Noi invece crediamo che si debba costruire una massa critica, capace di capire, ora, cosa accade, ma presente dove accadono le cose, dove covano le rivolte, tutte le rivolte. Capace di costruire un pensiero critico, profondo, rigoroso e irriverente, ma in azione.