Ringraziamo Giorgio Beretta, dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere-Opal, che su il manifesto di domenica 19 settembre ci ha fornito gli spunti per fare un ragionamento che vogliamo condividere.
Negli ultimi dieci giorni sono morte otto donne, assassinate. Non incidenti ma femminicidi! Dall’inizio dell’anno i femminicidi sono 86; 72 dei quali avvenuti nell’ambito famigliare e/o affettivo; in 51 casi l’assassino è il partner o l’ex.
Fa impressione sapere che questo è ciò che accade alle donne in Italia. Dietro questi omicidi c’è un malessere che non risiede solo occasionalmente nella profondità degli animi di quegli assassini, ma è nella mentalità del maschio, evidentemente è nel profondo della società e coinvolge l’istituzione familiare che, mi si dice, ne è il fondamento.
Affrontare la questione tenendo insieme tutti questi aspetti: l’inadeguatezza maschile, la natura maschilista della nostra società, le contraddizioni in seno alla struttura famigliare non è cosa semplice. Ma si deve evitare di pensare che queste morti siano solo situazioni esasperate, perché queste sono anticipate e seguite da un numero impressionante di violenze.
Una ricerca dell’Istat nel 2014 ci dice che: il 31,5% delle donne 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila). Sempre nello stesso campione di donne il 13,6% ha subìto violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2% (855 mila) dal partner attuale e il 18,9% (2 milioni 44 mila) dall’ex partner.
Nell’anno in corso, il 2021, la media di violenze sulle donne (quelle denunciate) è di 11 al giorno. Da gennaio ad aprile 2021 sono stati denunciati o scoperti 135 casi di atti sessuali con minorenni, 885 violenze sessuali “semplici”, 254 violenze sessuali “aggravate”, 11 violenze sessuali commesse in istituti d’istruzione e formazione e 19 violenze sessuali di gruppo, per un totale di 1.304 reati legati alla sfera più intima delle persone offese.
Per stroncare le fantasie razziste di molti italiani annoto che il 72% degli uomini che commettono violenza sulle donne è italiano! Ricordo anche che molte donne non denunciano la violenza subita. I dati del 2014 riportati sopra ci danno un segno della drammaticità della situazione.
Ma un’altra questione si apre. L’Opal rileva che nel 2020 “a fronte di 93 omicidi di donne, ben 23 sono stati commessi da legali detentori di armi o con armi da loro detenute”. In sostanza un omicidio di donne su quattro è compiuto con un’arma legale. Se si pensa che in Italia, tra la popolazione adulta, solo una persona su dieci è autorizzata a portare un’arma…, è sconcertante! Non si può che concordare con il Censis che ci dice che “Avere un’arma in casa rappresenta una formidabile tentazione di usarla e molti assassini sono in possesso di regolare licenza”.
Sappiamo bene che il problema nella sua complessità può essere affrontato solo attraverso la trasformazione della società, con un lavoro di “educazione” (nel senso alto del termine) che possa incidere nella “cultura maschile”, e siamo consapevoli che i tempi non possono che essere lunghi. Ci sentiamo impegnati quotidianamente insieme ai movimenti femministi…
Ma si potrebbe subito togliere le armi dalle mani dei “potenziali assassini”, armi detenute legalmente “con la complicità di norme che ne permettono il facile accesso”. Bisogna cambiare le regole relative alla detenzione, all’uso e al trasporto delle armi leggere, potrebbe essere anche questo un modo per ridurre i femminicidi.
Marco Sansoè