Lunedì notte verso le 22.00 alcuni compagni si sono accorti di movimenti insoliti e soprattutto di una fila di cammionette imponente che saliva da Torino. Nonostante sia stato lanciato l’allarme per tempo, purtroppo a raccogliersi all’interno del presidio di San Didero sono solo una 30ina di persone. Chi ha provato a raggiungerli dopo è rimasta incastrata nelle vie interne della valle alla ricerca di un buco, una via, non bloccata dalla polizia.
Lo sgombero è iniziato verso l’1 di notte ed è stato molto rapido. Mentre già alcune ruspe posavano jersey incominciando l’opera di recinzione alcuni compagni sono saliti sul tetto, gli altri, prima di rimanere, chiusi all’interno delle reti sono usciti. Il rapporto di forze era schiacciante, si è trattato di un dispiego di almeno 30 cammionette, 2 cannoni ad acqua ed un numero imprecisato di ruspe.
Il giorno successivo un centinaio di persone si è radunato davanti al presidio quando finalmente la polizia ha smesso di tenere bloccati tutti gli accessi a quella zona. Verso le 11 alcuni rappresentanti (sindaci della valle) sono stati fatti entrare.
Nel frattempo sono stati fatti alcuni caroselli di macchine nelle rotonde di Borgone, Bruzolo e nel tratto di autostrada verso Susa.
La sera il corteo è partito dal polivalente di San Didero verso il presidio, con passo celere è arrivato sulla statale nei pressi del presidio dove è stato subito caricato e colpito da gas. A questo punto qualcuno è rimasto sulla strada, qualcuno si è diretto verso la ferrovia spinto dalle cariche e dai lanci di lacrimogeni, mentre altra gente ha provato a raggiungere il presidio attraverso il bosco.
Qui si è visto un deficit organizzativo importante dovuto probabilmente ad una scarsa comunicazione e ad obiettivi differenti. La testa del corteo è partita troppo velocemente, mancava ancora parecchia gente, in più tempi così rapidi non hanno permesso nemmeno di sfruttare un minimo il vantaggio del buio, perché alle 19.30 c’era ancora piena luce… le telecamere della digos e il drone funzionano molto bene in queste situazioni. Lanciarsi subito nel bosco, lo scenario migliore da cui tentare di raggiungere il presidio, è stato fatto in tempi molto rapidi senza curarsi che ci fossero dei numeri e della gente che tenesse la strada ed evitasse che rimanessero chiusi dalla celere, senza più la possibilità di rientrare… in questo modo ci si è bruciati rapidamente quella possibilità, tanto che alle 20.00 ci si è ritrovati già spinti verso la ferrovia e il paese.
La polizia è arrivata con idrante e lacrimogeni fino alle porte del paese, alcuni cortili sono stati letteralmente invasi da gas cs, con abitanti spaventati. Qui si è sciolta la manifestazione dandosi appuntamento per il giorno successivo alle 18 al polivalente.
Quali saranno le prossime mosse è tutto da capire.
San Didero non è la val clarea, il cantiere del futuro autoporto è molto più difficile da difendere: lo spazio è molto più aperto, largo, pienamente visibile da tutta la valle, ci passa una statale affianco e un’autostrada a ridosso.
Dall’altra parte le forze non sono più quelle di un tempo, in più le misure anticovid danno un vantaggio stategico di partenza importante alla polizia (difficile muoversi di notte con coprifuoco e strade vuote). Il dispiegamento di polizia è enorme come al solito, giocarla su un confronto diretto è molto difficile. Infine buona parte dei jersey sono già stati piazzati e saldati, per cui se ieri ci poteva essere ancora qualche speranza di entrare al presidio dove non era ancora stata finita la recinzione, ora diventa molto più complicato. Ovviamente c’è da chiedersi fino a quando una presenza di polizia tale può essere tollerata dagli abitanti della valle? Fino a quando potranno permettersi di tenere 1000 uomini a san didero?
Queste domande sono importanti in una prospettiva di medio periodo, da tenere insieme ad altre che riguardano il cantiere in val clarea, dal momento che ora gli spazi da difendere diventano due e quindi la fortezza della val clarea potrebbe non essere più tale.
In una prospettiva di breve periodo gli obiettivi al momento sono molto più difficili, ma chiari: provare a raggiungere i 5 sul tetto, portare loro solidarietà e sostegno, disturbare la realizzazione delle recinzioni a san didero, denunciare la militarizzazione e la devastazione di un’altra porzione di val susa.
Nel weekend è stato lanciato un campeggio no tav a San Didero, sarà un momento in cui provare a fare delle azioni, ma anche ragionare in una prospettiva più lunga, pensare prossimi appuntamenti e continuare a fare pressione sul presidio.
Da quanto scritto sopra si può intuire che è un momento piuttosto critico per la lotta alla tav, i suoi cantieri avanzano e le forze sociali che le si oppongono sono sempre più fiacche. Ieri non si è vista la partecipazione a cui ci avevano abituato i valsusini, da un po’ di tempo rimane solo più un nucleo di irriducibili. In questa fase di salute delle forze “antagoniste” difficile immaginarsi una chiamata nazionale di successo.
Diventa quindi necessario ragionare su diverse strategie che partano dalle ridotte forze a disposizione, lavorando su un loro allargamento (non è detto che questo cantiere, molto più visibile di quello in val clarea, possa ravvivare gli animi dei valligiani).
Molto probabilmente nel prossimo periodo si immagineranno azioni molteplici con diversi gradi di rischio e di “sforzo fisico” che si distribuiranno nella valle volte a disturbare i cantieri del tav.
Ci sarà quindi da pensare pratiche diverse, con diversi gradi di inclusività, moltiplicare i fronti per disperdere le forze della polizia.
Pratiche come caroselli di auto, oppure blocchi della ferrovia o della statale, sostanzialmente disturbi della circolazione, possono essere accessibili a chiunque, anche chi ha mobilità ridotta, e saranno probabilmente quelle a cui affidarsi nei prossimi giorni a meno che non se ne creino di nuove.
L’invito è quindi di salire in valle, anche nel weekend, per portare un po’ di sostegno a chi da Lunedì sta spendendo parecchie energie e incomincia ad essere stanco.
Nicolò