Umanità e Costituzione: i nostri algoritmi
La particolarità del fatto che ricordiamo oggi in questa piazza deriva dal fatto che si trattò del primo caso in cui la guerra si sposta dalle trincee e dai fronti, luoghi per lo più sconosciuti, oltrepassa quei confini solo immaginati, e la morte si impossessa dei nostri luoghi più cari, le case, le strade, le montagne, casa per casa, ora per ora, affetto per affetto. Da lei non si può sfuggire, non c’è possibilità di tenersene alla lontana, invade gli spazi vitali e pretende le sue vittime senza tener conto di chi combatte attivamente fra le fila partigiane e chi invece non ha nessun rapporto con la lotta, armata o di sostegno ai combattenti. Una assurda e disumana quotidianità prende il posto degli stili di vita consueti di ogni persona.
L’episodio di San Cassiano nasce da una rappresaglia compiuta dalle truppe di occupazione naziste in seguito all’uccisione di due ufficiali tedeschi ad opera di un gruppo di Partigiani avvenuto al bivio di Tollegno il 21 dicembre. Il Distaccamento Bandiera era intervenuto alla Filatura in difesa degli operai in sciopero. Nella spedizione punitiva che ne seguì, furono catturati a Pavignano i Partigiani Alfredo Baraldo e Basilio Bianco. Quest’ultimo era un militare, nativo di Grimaldi, sulla Sila Cosentina, che dopo l’ 8 settembre si unì, come moltissimi altri giovani provenienti dall’Italia meridionale, ai Partigiani biellesi. In quei primi giorni dell’inverno, le formazioni partigiane si stavano trasformando dalle native “bande” di resistenti saliti sulle pendici delle montagne in Distaccamenti che nel nome si rifacevano al Risorgimento, ed iniziavano a compiere le prime azioni. Sarà solo nel mese di gennaio del 1944 che si costituiranno in una Brigata, la Seconda Brigata d’ Assalto Garibaldi “Biella”, in una riunione fra i 7 distaccamenti che si tenne il giorno 16 nei pressi del Pratetto, negli alpeggi sopra Tavigliano.
In quel 21 dicembre, alla lista dei due soldati tedeschi uccisi dai Partigiani si aggiunse l’uccisione di un terzo soldato tedesco in città. Esistono diverse versioni del fatto di sangue, chi lo situa in via Italia, chi sulla salita di Riva, ma sulla reazione tutti concordano. Furono uccisi sul momento Angelo Cena, detto Giolino, prelevato dal suo Bar Savona all’angolo fra via Pietro Micca e la via Littorio, ora rinominata via Amendola, mentre sulla morte del 76.enne Arnaldo Marin, che morirà il 24 all’Ospedale per le ferite riportate non vi sono testimonianze certe. Fu qui a San Cassiano che i nazisti instaurarono il primo clima di terrore per colpire l’intera comunità. Per questo non condannarono a morte solo i due partigiani Basilio ed Alfredo autori dell’attacco al bivio di Tollegno, ma rivolsero il loro odio contro cinque civili assolutamente estranei ai fatti di sangue avvenuti: Carlo Gardino, Norberto Minarolo, Aurelio Mosca, Pierino Mosca e Francesco Sassone.
Il 22 dicembre rimane una delle date più cruente ed incivili vissute dal Biellese: alla macabra lista di San Cassiano bisogna aggiungere i nomi di quattro civili di Tollegno Ciarei fra cui un tredicenne ed un quattordicenne, un civile a Sagliano Micca, uno a Valmosca di Campiglia Cervo, uno ad Occhieppo Inferiore, uno a Crevacuore, tre a Vallemosso e due Partigiani a Cossato. Inoltre, a Tollegno vengono arrestati e deportati a Mauthausen due operai che non ritorneranno più a casa. Per concludere questo tragico quadro dell’orrore, ricordiamo che sempre in quello stesso giorno, a Borgosesia i fascisti del 63.mo battaglione della Divisione Tagliamento, indegni complici dei nazisti di stanza a Biella, uccisero 10 ostaggi a Borgosesia, che sono ricordati proprio ora in contemporanea a questa piazza.
La fucilazione qui dove c’era una fontanella sulla facciata dell’albergo del Gallo Antico salvò per puro miracolo la vita di Alfredo Baraldo, che, protetto dalle donne che si avvicinarono per ricomporre i corpi dei fucilati, si nascose dentro un gabinetto, e poi riuscì a raggiungere la sua città Vercelli dove si riprese dalle ferite. Ritornò alla lotta partigiana assumendo il nome di battaglia di Evaso, a sottolineare la sua evasione dalla morte, come ci ha ricordato il video realizzato lo scorso anno da Marco Barberis, che ringrazio per essere presente oggi con noi. Crediamo sia opportuno che a fianco di questa lapide che ricorda i sei fucilati sia apposta anche una lapide che evidenzi la figura di Evaso, ed in occasione di questa cerimonia a nome dell’ANPI richiedo che questa nostra richiesta venga presa in considerazione dal Sindaco di Biella ed attuata concretamente correggendo anche il nome del Partigiano Basilio Bianco, che qui è erroneamente riportato col cognome Bianchi. Per la sua doppia scelta di far parte della Resistenza, la Città di Biella il 28 novembre 1988 gli conferì la Cittadinanza onoraria. Per restare nel merito di questa onorificenza, ricordiamo ai partecipanti che la cittadinanza di Biella fu assegnata nel lontano 1924 a Benito Mussolini, in visita alla città. Sono state tante le città che assegnarono la cittadinanza al capo del fascismo, e dai dati che possediamo sono molte le città che hanno revocato questa onorificenza. L’ultima di questa revoca è stata quella deliberata quattro giorni dal Comune di Sant’Antonino di Susa. A nome dell’Anpi formulo all’Amministrazione cittadina la richiesta di depennare dalla lista delle persone che meritano l’ammirazione della popolazione la figura di Mussolini, perché la Storia lo impone e perché nettamente in contrasto con lo spirito ed i valori che procurarono alle nostre genti la Medaglia d’Oro al Valor militare.
Crediamo sia importante essere qui oggi, essere qui con solo con le nostre idee ma anche con i nostri corpi e le nostre bandiere, che vorremmo fossero molte di più. La presenza fisica a fianco di questi nomi scritti sulla pietra ci avvicina alla dimensione tragica della storia, è un momento in cui si vedono da vicino le radici della Repubblica italiana. E’ un momento in cui si è portati a riflettere su quanto sia stato difficile ricreare la Democrazia in questo Paese dissanguato dal fascismo e svenduto al Nazismo, e soprattutto a quanto sia ancora difficile realizzarla appieno. Lo dico guardando all’oggi, al fatto che non possiamo tacere di fronte ai fenomeni preoccupanti che agitano la società attuale, quali il razzismo ed il fascismo che pur togliendo la camicia nera è rimasto sostanzialmente lo stesso. Assistiamo alle gesta di organizzazioni come Casa Pound e Forza Nuova che si muovono in spregio della 12.ma disposizione transitoria della Costituzione che vieta la riorganizzazione sotto qualunque forma del disciolto partito fascista. ANPI da tempo si batte perché queste associazioni vengano sciolte, alle obiezioni che furbescamente vengono sollevate che questa chiusura lederebbe la libertà di pensiero e di opinione, previste dall’articolo 21 della Costituzione, è facile rispondere che per quanto ci riguarda il fascismo non è un pensiero ma in base alla Legge vigente è un reato, e come tale debba essere perseguito. Guai a noi se facessimo spallucce quando leggiamo di Miss Hitler o della scoperta della ricostituzione del Partito Nazionalfascista italiano dei lavoratori, o se ignorassimo le dichiarazioni di Eniola Aluko, giocatrice di calcio nella Juventus femminile di origini Nigeriane che se n’è andata da Torino perché questo è diventato un paese discriminatorio e sessista.
Guai a non riflettere sul recente rapporto Censis che ci racconta di un paese in cui il 48% della popolazione vedrebbe bene un uomo forte al Governo. Di un Paese in cui si sono persi 1 miliardo e 300 milioni di ore effettivamente lavorate negli ultimi dieci anni. Di un paese da cui i giovani fuggono in cerca di un lavoro, la cui mancanza o la precraietà sono alcune delle piaghe maggiori. Di un Paese che resiste solo perché ci sono sacche di resilienza, composti da stratagemmi individuali, che il rapporto paragona ai muretti a secco delle nostre campagne, ma dove non c’è un progetto di futuro in grado di opporsi al disfacimento della società. Le regole che favoriscono la ricerca della risoluzione della complessità che la società deve affrontare vengono affidate da qualche struttura di marketing agli algoritmi, figure taumaturgiche che secondo il Dizionario Treccani “tendono ad esprimere in termini matematicamente precisi il concetto di procedura generale, di metodo sistematico valido per la soluzione di una certa classe di problemi.” E’ a partire proprio dall’ultima frase “una certa classe di problemi” che noi affermiamo, senza tema di essere considerati conservatori, che noi abbiamo altri algoritmi, che si chiamano Umanità e Costituzione, che nei suoi 139 articoli suggerisce la strada per trovare un’idea di come si sta insieme nella diversità.
Per concludere, auspichiamo che la Creatività per cui Biella è diventata Città dell’Unesco venga usata per renderla più accogliente, più vicina a quelli che credono che il vero decoro sia il rispetto degli esseri umani, a cominciare da quelli che sono ai margini. Termino infine citando una donna che è stata recentemente trattata molto male dalla maggioranza che governa questa città. Liliana Segre ama dire: Io non dimentico, non perdono, ma non odio. Anche se noi non portiamo nell’anima le ferite e sulla pelle un numero tatuato non riusciamo proprio a dimenticare ed a perdonare. Ci riesce molto più difficile invece non odiare, ma faremo il possibile ed anche l’impossibile per riuscirci. Continueremo a venire sulle piazze, e da laici e rispettosi dei credenti, porteremo in mano la Costituzione e nessun simbolo sacro. Guai a noi se diventassimo come quelli che oggi hanno un’idea dei rapporti sociali, civili e politici esattamente contraria alla nostra, basata sul rancore, sull’insulto, sulla violenza verbale e sulla sopraffazione.
Grazie ai Fucilati di San Cassiano, grazie a voi per l’attenzione, viva la Resistenza e la Costituzione della Repubblica Italiana.
Per ANPI Provinciale Luciano Guala
Biella San Cassiano, 22 dicembre 2019