Qualcosa che i genitori dovrebbero sapere degli insegnanti.

Qualcosa che i genitori dovrebbero sapere degli insegnanti.

Nel rapporto fra i genitori e gli insegnanti c’è un enorme problema che spesso impedisce una buona comunicazione: la mancanza di informazioni vere su quello che significa gestire una classe.

I genitori non sanno tutto quello che un insegnante deve tenere presente quando parla ad una classe, composta da una media di 28 alunni, tutti diversi, per fisico, sesso, intelligenza, intuitività, carattere, problematiche personali e familiari, storia di vita, provenienza geografica (e a volte anche religione, lingua, abitudini), provenienza socioculturale, esperienze scolastiche, difficoltà, stato di salute, handicap.

Desidero fare alcuni esempi di quello di cui l’insegnante deve tener conto:

devo entrare in modo autorevole, non devo fare nulla che possa essere preso in giro, devo sorridere, devo parlare a voce alta, devo essere chiara, non devo perdere la calma, devo assicurarmi che tutti abbiano capito, devo tener presente che Marco e Giovanni hanno detto che hanno capito, ma forse non è vero; Stefania ci sente poco; Maria non ha i soldi per i libri e per i quaderni, quindi devo aiutarla senza che se ne accorga; Alessandro è orfano di padre e non devo assegnare un tema sul padre; i genitori di Alessio sono disoccupati: non può venire in gita; la madre di Laura ha un tumore, devo tenerne conto e capire che non sempre può studiare; il padre e la madre di Antonella si stanno separando e lei la sta prendendo male; Abder, Daki, Fathima, Jasser, Karim, Farida e Zahira sono mussulmani: non posso dare per scontato che siano cattolici, quando spiego; Simone fa ancora la pipì a letto, me lo devo ricordare; il padre di Ernesto picchia la moglie; Giuseppe ha un rene solo: devo farlo uscire per andare in bagno quando lo chiede; devo stare attenta al fatto che Maurizio viene preso in giro perché puzza; Rita, Biancamaria e Manrico sono molto timidi e fragili: con loro non devo alzare la voce; Domenico, Fausto e Mario sono abituati ad essere sgridati e se non alzo la voce quando si comportano male, credono che vada tutto bene; Simonetta è molto studiosa e fa sempre tutto il possibile: se capita che una volta dimentica di fare un compito devo comunque rimproverarla anche se so che non accadrà più, perché gli altri non possono capire e se non lo faccio sembra che io stia facendo delle preferenze; Renato è depresso, devo cercare di aiutarlo; Thomas non ha voglia di studiare perché non capisce: devo cercare di chiedergli qualcosa di semplice in modo che trovi un po’ di fiducia in se stesso e studi di più; Antonio è molto presuntuoso e si sente superiore agli altri: devo fargli capire che anche lui può sbagliare, e che comunque non tutti possono essere bravi a scuola come lui; Mariella non parla mai e quando lo fa bisbiglia: devo trovare il modo di farle trovare il coraggio di parlare di più e a voce più alta; Carlo interviene continuamente come se in classe ci fosse solo lui: devo cercare di fargli capire che deve rispettare il suo turno; Michela pensa solo a guardarsi allo specchio, ai vestiti, a interessarsi dei fatti degli altri: devo fare in modo che capisca che l’aspetto fisico non è tutto e che non è giusto interessarsi dei fatti degli altri e andarli a raccontare in giro; Jasser non si interessa di nessuno e pensa solo a se stesso: devo fare qualcosa perché capisca che deve interessarsi di più degli altri; Annamaria e Luciano sono vicini di banco e litigano sempre: potrei separarli, ma insegnerei loro ad evitare i problemi e perciò devo trovare qualche idea perché imparino a lavorare volentieri insieme; Giorgio migliora il suo comportamento se scherzo con lui e lo prendo un po’ in giro, perché gli piace stare al gioco; Martina è molto permalosa e con lei non posso scherzare e prenderla un po’ in giro perché peggiorerebbe.

E questo quando la classe non è difficile.

Avrete notato che ci sono problematiche opposte: l’insegnante, però, deve trovare come fare a parlare per tutti contemporaneamente, in modo che tutto vada per il meglio.

I genitori, l’ho già detto, credono, invece – se non tutti, molti – che l’insegnamento consista in questo: entrare e andarsi a sedere in cattedra; chiedere di aprire il libro; leggere, far leggere o spiegare l’argomento, così com’è; chiedere di mostrare i compiti; correggerli, possibilmente tutti, ad uno ad uno; interrogare, assegnare il compito e la lezione per la volta successiva e, con un tempismo perfetto, concludere il tutto al suono della campanella. Il giorno dopo, ricominciare da capo. Un po’ come succederebbe se davanti non avesse nessuno, per esempio in una lezione a distanza.

Aggiungo che, dai colloqui con i genitori, emergono spessissimo le seguenti convinzioni:

– l’insegnante se ne frega degli alunni;

– in classe c’è solo mio figlio;

– se l’insegnante vuole che mia figlia studi, deve controllare che abbia scritto i compiti sul diario;

– l’insegnante dà le insufficienze per vendetta;

– quando l’insegnante dà un’insufficienza o mette una nota sul diario è perché “ce l’ha con lui” (con la recente variante “perché mio figlio è straniero”);

– l’insegnante che scherza con un alunno lo sta prendendo in giro;

– l’insegnante che fa notare ad un alunno che ha sbagliato “lo vuole umiliare”;

– se l’insegnante interroga spesso un alunno è perché “ce l’ha con lui”;

– se un insegnante fa interrogare un ragazzo dai compagni “lo fa apposta per metterlo in difficoltà”;

– gli insegnanti ci godono a bocciare;

– l’insegnante che chiede al ragazzo “come mai ieri non sei venuto a scuola?” lede la sua privacy;

– l’insegnante che informa i genitori che per l’ennesima volta il ragazzo non ha studiato, “rompe sempre le scatole con tutte ‘ste note”;

– l’insegnante che dà un brutto voto alla ragazzina si inventa i voti “perché a casa la sapeva”;

e così via.

Vorrei riuscire a fare il conto del numero di parole che escono dalla bocca di un insegnante in una mattinata di scuola: so che è un numero altissimo. Vorrei porre l’attenzione sul fatto che tutte quelle parole sono pronunciate nel contesto pieno di elementi da tener presenti che ho descritto sopra.

Credo che sia possibile immaginare, a questo punto, che possa anche capitare di lasciarsi scappare una parola di troppo. Ma ritenere che in cattedra ci siano sempre degli incompetenti e dei malvagi, delle persone che fanno tutto a caso, mi sembra ingiusto.

Credere che si possa insegnare a ventotto alunni tutti diversi senza difficoltà, mi sembra ingenuo.

Infine: dare sempre per scontato che quando l’insegnante rimprovera e dà brutti voti sia sempre un incapace, mi sembra sciocco; e, soprattutto, credere di saperne più dell’insegnante, fino a dargli consigli sulla didattica, mi sembra davvero presuntuoso.

Sarebbe bene che l’insegnante facesse il suo lavoro di insegnante, che comporta anche lo spiegare ai genitori che cosa fa in classe.

Sarebbe bene che il genitore facesse il suo lavoro di genitore, e lasciasse lavorare gli insegnanti, dando loro un po’ di fiducia. Forse sono bravi insegnanti.

1 commento

  1. Questo articolo mi riporta al lavoro fatto con Antoinette alla scuola di Lodrino per Nicoletta Snozzi ….
    Articolo che dice tutto !
    🙂 🙂 🙂 🙂 🙂

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