Qui l’anno scolastico 2010-2011 apre con quasi 200 lavoratori in meno. Come una grande azienda tessile biellese che chiude.
Non solo giovani precari ma anche vecchi precari. Anziani bidelli cinquantenni, emigrati dal sud, che non sono mai entrati in ruolo, insegnanti che sono precari da 10 anni perché non si fanno più i concorsi. 200 circa di questi ora sono semplicemente disoccupati!
Lo Stato, per dare il buon esempio, ha istituito da sempre il più flessibile dei sistemi di reclutamento, prima ancora che si parlasse di flessibilità: assume a settembre per licenziare a giugno, non paga le ferie, azzera qualsiasi anzianità e scatto di stipendio, non garantisce alcuna continuità didattica, non garantisce passaggi di ruolo.
Lo Stato “fondato sul lavoro” tradisce da sempre i principi costituzionali.
La vecchia scuola, serbatoio di voti democristiani, si riconferma luogo di saccheggio politico e culturale: vecchi e falsi privilegi si confondono con il più vergognoso sfruttamento.
La propaganda riformatrice del Governo attuale (quale riforma?) ha consolidato un processo che, volta per volta, ha assunto la faccia clientelare o aziendalistica, mantenendo intatta la mancanza totale di rispetto per il lavoro, minando così alle fondamenta la qualità dell’offerta formativa.
Questo Governo ha deciso che sulla scuola si poteva, doveva, risparmiare, forse risparmierà, ma gettando la scuola in un baratro dal quale non uscirà più.
Proprio ora, con un mercato del lavoro sempre più precario, flessibile e in crisi, la scuola dovrebbe svolgere un ruolo di orientamento culturale e professionale per collocare nuove forze giovani nella costruzione concreta della società contemporanea, proprio ora la scuola invece dismette la sua funzione e… diventerà un parcheggio a basso costo per lo Stato ma altissimo per l’intera comunità.
La società deve ribellarsi. I costi di questa deriva si pagheranno, un po’ alla volta, per anni e saranno altissimi: disoccupazione, scarsa professionalità, disagio giovanile, insicurezza, abbassamento dei livelli culturali, …saranno le emergenze, che stiamo già vivendo, con le quali dovremo fare i conti per molti, molti anni.
La società nel suo insieme deve farsi carico di questa situazione di fronte alla crisi della politica e dei partiti.
Non solo “ribellarsi è giusto” ma oggi più che mai è necessario, i soggetti sociali: studenti, genitori e lavoratori della scuola sono chiamati tutti ad impedire questa deriva e a costruire “un’altra scuola possibile”.
marco sansoè