Luciano Gallino. Creare un milione di posti di lavoro

Una “modesta proposta”, una di quelle scelte che caratterizzano una politica economica che si libera dall’ossessione del debito e avvia una pratica virtuosa di “ripresa economica”.   Basterebbe spostare la data di rientro dal debito per renderla immediatamente praticabile.   Ma per farlo occorre un programma economico e sociale nel quale si individuino le priorità: che vada oltre le grandi opere e che metta al centro il territorio, i beni ambientali e culturali, la salute e l’istruzione.  

Questo è il banco di prova delle “sinistre” di governo e d’opposizione, ma queste sono pronte ad affrontarlo e praticarlo?

 

LUCIANO GALLINO

CREARE DIRETTAMENTE UN MILIONE DI POSTI DI LAVORO

Occorre che lo Stato, attraverso un’Agenzia per il lavoro, operi come un datore, di lavoro in ultima istanza, assumendo il maggior numero di persone. Per creare rapidamente occupazione, infatti, sgravi fiscali, investimenti in grandi opere e incentivi alle imprese perché assumano sono poco efficaci.

LA PROPOSTA

1. Istituire un’Agenzia per l’occupazione simile alla Works Progress Administration del New Deal americano (works = opere pubbliche). L’Agenzia stabilisce i criteri di assunzione, il numero delle persone da assumere, il livello della retribuzione, i settori cui assegnarle. Le assunzioni vengono però effettuate e gestite unicamente su scala locale, da comuni, regioni, enti del volontariato, servizi del lavoro, ecc.

2. Per cominciare si dovrebbe puntare ad assumere rapidamente almeno un milione di persone.   Poiché tale numero è inferiore a quello dei disoccupati e dei precari, occorre stabilire inizialmente dei requisiti in cui i candidati dovrebbero rientrare. Un requisito ovvio potrebbe essere l’età: per esempio 16-30 anni, oltre ovviamente alla condizione di disoccupato o precario.

3. L’Agenzia offre un lavoro a chiunque, in possesso dei requisiti richiamati sopra, lo richieda e sia in grado di lavorare.

4. Le persone assunte dall’Agenzia dovrebbero venire impiegate unicamente in progetti di pubblica utilità diffusi sul territorio e ad alta intensità di lavoro. (Le grandi opere non presentano né l’una né l’altra caratteristica). Progetti del genere potrebbero essere: la messa in sicurezza di edifici scolastici (oggi il 50% non lo sono); il risanamento idrogeologico di aree particolarmente dissestate; la ristrutturazione degli ospedali (nel 70% dei casi la loro struttura non è adeguata per i modelli di cura e di intervento oggi prevalenti). Per attuare progetti del genere sarebbero richieste ogni sorta di figure professionali.

5. Finanziamento. Nell’ipotesi che ogni nuovo occupato costi 25mila euro, per crearne un milione occorrono 25 miliardi l’anno (la maggior parte dei quali rientrerebbero immediatamente nel circuito dell’economia). Si può pensare a una molteplicità di fonti: fondi europei; cassa depositi e prestiti; una patrimoniale di scopo dell’1% sui patrimoni finanziari superiori a 200mila euro (la applica la Svizzera da almeno mezzo secolo); obbligazioni mirate. Andrebbero altresì considerate altre fonti.  Ad esempio, si potrebbe offrire a cassaintegrati di lunga durata la possibilità di scegliere liberamente se lavorare a 1.000‑1.200 euro al mese piuttosto che stare a casa a 750, a condizione che sia conservato il posto di lavoro (è possibile, con l’istituto del distacco). Qualcosa del genere andrebbe considerato per chi riceve un sussidio di disoccupazione. In questi casi l’onere per il bilancio pubblico (includendo in questo l’Inps) scenderebbe di due terzi. Infine va tenuto conto che molte imprese sarebbero interessate a utilizzare lavoratori pagando, per dire, soltanto un terzo del loro costo totale.

* il manifesto 29 aprile 2012

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