Nel Basso Biellese, l’ombra lunga di Econergy Solar Park 3 si fa sempre più ingombrante. Questo progetto, che intende installare impianti fotovoltaici su terre agricole, ha appena avviato la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), ma il rischio che si tramuti in un greenwashing colossale è più che concreto. Inoltre Econergy Solar Park 3 è finanziato da capitali internazionali legati a un colosso israeliano. Una multinazionale che, tra guerre e violazioni dei diritti
umani, ha ben poco a che fare con la nostra visione di sostenibilità.
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Il nostro territorio, quello del riso DOP Baraggia Biellese, ha una storia millenaria, ma la promessa di “energia pulita” rischia di cancellarla in un batter d’occhio. Questi terreni non sono solo campi agricoli: sono il nostro passato, la nostra cultura, il nostro futuro. La VIA non può essere un semplice passaggio burocratico: deve diventare un atto di difesa, di tutela contro l’ennesimo saccheggio mascherato da progresso.
Parliamo di “transizione ecologica”, certo, ma sappiamo davvero cosa significa? La transizione ecologica non può ridursi a un’operazione di maquillage che nasconde interessi economici che nulla hanno a che fare con la sostenibilità. È facile parlare di energie rinnovabili quando queste non intaccano i bilanci delle grandi multinazionali, ma che dire quando, dietro la facciata verde, si nascondono speculazioni che travolgono la terra e le comunità locali? Come possiamo accettare che il nostro paesaggio sia sacrificato in cambio di promesse vuote di un futuro che non esiste se non per pochi?
E qui arriva il colpo di grazia: Econergy Solar Park 3 è finanziato da capitali internazionali legati a un colosso israeliano. Una multinazionale che, tra guerre e violazioni dei diritti umani, ha ben poco a che fare con la nostra visione di sostenibilità. Non possiamo
rimanere in silenzio di fronte al fatto che investimenti che arrivano fino al Biellese possano essere legati a sofferenze e ingiustizie lontane. La nostra terra non può essere il terreno di scontro di interessi globali. Le scelte che facciamo qui, in fondo, sono scelte che
rimbalzano su tutto il pianeta, e non possiamo più permetterci di ignorare le connessioni tra le nostre azioni locali e le tragedie che accadono nel mondo.
Non basta più parlare di energia pulita e transizione ecologica quando si continua a ignorare l’eticità e la giustizia delle decisioni. La terra, quella vera, non può essere svenduta per una misera promessa di energia rinnovabile. Perché alla fine, a conti fatti, la terra non è solo un luogo dove produrre energia, ma un patrimonio da difendere con ogni mezzo.
Lo sapevate che dietro a questo progetto c’è il rischio che il nostro territorio venga trasformato in una gigantesca centrale fotovoltaica? È l’ennesimo colpo alla nostra identità agricola, un altro passo verso l’annientamento di quella che è una delle eccellenze del Biellese. E tutto questo in nome di una sostenibilità che non è altro che un’illusione, un’etichetta verde attaccata sopra un’operazione che non tiene conto della vera sostanza.
Abbiamo il dovere di resistere. Non si tratta solo di fermare un progetto di agrivoltaico, ma di opporsi a un modello che pensa di poter trasformare la terra in merce, di svendere il nostro paesaggio per un po’ di energia che non farà mai bene né all’ambiente né a noi.
Non possiamo continuare a cadere nel tranello del “greenwashing”: è il momento di chiedere un futuro che rispetti davvero la terra, le persone e la giustizia sociale. Solo così, davvero, possiamo parlare di un mondo più sostenibile.
La vera transizione ecologica passa dalla difesa dei territori, dalla resistenza contro chi cerca di approfittare della nostra voglia di cambiamento per alimentare speculazioni senza scrupoli. E se davvero vogliamo un futuro migliore, dovremo iniziare a lottare per qualcosa che sia più di un miraggio verde: dovremo lottare per un futuro giusto, etico e davvero sostenibile.
Ettore Macchieraldo, Pressanza, novembre 2025
