Fermiamo il nuovo bilancio armato dell’Unione europea …di Marco Bersani

L’Europa si è ridisegnata come “continente di guerra”. Prima nella ex Jugoslavia oggi con l’Ucraina ha scelto di non svolgere il ruolo della mediazione politica, della ricerca della pace. Politica irresponsabile ma consapevole: il riarmo, le guerre nel mondo sono il veicolo principale per rispondere alla crisi industriale dell’Occidente. I “trattati di pace” per Gaza e per la guerra Russia vs Ucraina sono gli strumenti idonei a garantire il conflitto permanente, la produzioni e la vendita di armi, oltre agli investimenti per le ricostruzioni. Questo è il volto del nuovo colonialismo, armato dalle forze economiche globali che si servono degli Stati nazionali per garantirsi un consenso sempre più incerto.

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«Se vogliamo la pace dobbiamo prepararci alla guerra», così, senza troppa originalità, si è pronunciata la Rappresentante europea per gli affari esteri, Kaja Kallas. «Ogni centimetro quadrato del nostro territorio deve essere protetto» aveva precedentemente affermato la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. È con queste premesse che nei prossimi giorni il Parlamento europeo si appresta a votare il bilancio 2026 dell’Unione europea e una serie di processi di deregolamentazione (pacchetto “difesa omnibus”), mentre sono già in corso nuovi programmi, tra i quali il prossimo bilancio pluriennale 2028-2034.

Tutte queste proposte e programmi prevedono un massiccio aumento delle spese militari e dei finanziamenti all’industria degli armamenti, che, a parità di budget complessivo a disposizione dell’Ue, significano una drastica sottrazione delle risorse a disposizione dell’unica vera sicurezza necessaria, quella ecologica e climatica, alimentare ed economica, sociale e sanitaria, politica e democratica per tutti. D’altronde, come stupirsi quando si permette e si finanzia l’attività di lobbyng delle imprese come parte integrante del funzionamento delle istituzioni europee? Nel solo 2025 (gennaio-ottobre) la Commissione europea ha fatto 89 incontri con i lobbisti dell’industria degli armamenti e nel periodo giugno 2024-2025 il Parlamento europeo ne ha fatti addirittura 189! I risultati di questo intreccio economico e finanziario, politico e militare sono diversi ma accomunati dal medesimo obiettivo: trasformare l’economia del continente in una economia di guerra e la società europea in una società in guerra.

Il programma ‘Rearm Europe’ (ridenominato, senza senso del ridicolo, ‘Preserving Peace’) prevede la mobilitazione di 1000 miliardi da destinare alla sicurezza, alla difesa e all’industria degli armamenti (ma, fra spesa europea e spese degli stati membri, «l’obiettivo è arrivare a 6.800 miliardi nel 2035», come ha dichiarato Andrius Kubilius, Commissario europeo alla difesa).

Contemporaneamente, il pacchetto “difesa omnibus” si prefigge la deregolamentazione delle norme sociali e ambientali e degli standard etici e di esportazione di armi; la ri-destinazione verso il settore degli armamenti delle risorse dai programmi civili come la politica di coesione; lo stravolgimento dei principi della finanza sostenibile, allargandone il perimetro per includere gli investimenti militari.
In attesa del bilancio pluriennale 2028-2034 che, oltre a prevedere un aumento di cinque volte del budget destinato direttamente al settore della difesa, comporterà l’apertura di tutti i programmi civili all’industria degli armamenti.

Contro questo ridisegno dell’Europa come continente di guerra, le oltre ottocento organizzazioni e movimenti sociali che nello scorso maggio hanno costituito la campagna Stop Rearm Europe si stanno mobilitando e, dopo le prime manifestazioni nazionali di giugno nelle diverse capitali europee e il primo incontro europeo a metà novembre a Barcellona nell’Unsilence Forum dedicato alla Palestina, hanno avviato un percorso per la costruzione di un movimento europeo dal basso per invertire la rotta.

Una prima iniziativa immediata è la proposta di inondare gli europarlamentari di lettere per chiedergli di votare contro il bilancio dell’Ue e contro il pacchetto “difesa omnibus” (qui le informazioni www.stoprearmitalia.it).

Ma l’obiettivo fondamentale, in questo momento, è quello di intrecciare le straordinarie mobilitazioni prodottesi per Gaza, per la Palestina e contro il genocidio con un’opposizione dal basso e altrettanto determinata al futuro bellico che l’Unione europea e i governi nazionali vogliono imporre con il riarmo alle nostre vite. Contro tutti i re e le loro guerre.

il manifesto, 22 novembre 2025

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