In mancanza di volontà partitica, l’iniziativa resta nelle mani delle persone. Servirebbe una prospettiva di democrazia digitale in grado di attrarre la curiosità delle persone, e gettare le basi per l’emancipazione degli utenti. Di seguito, si suggeriscono alcuni principi che potrebbero aiutare a impostare un discorso radicale e concreto sul tema.
Primo, l’utente non può essere sfruttato. Le attività digitali devono partire dal presupposto di non raccogliere dati a scopo di lucro, e che questo avvenga solo attraverso sistemi che prevedano una redistribuzione economica a beneficio diretto dei cittadini. Trasparenza e open source dovrebbero essere obbligatori per ogni piattaforma che scelga un modello di business del genere.
Secondo, l’utente non può essere manipolato. La super-personalizzazione dei social e dell’IA deve essere superata. I contenuti dell’IA dovrebbero sempre auto-segnalarsi come contenuti generati artificialmente, citando le fonti usate, ma anche evitando gli atteggiamenti personali ed amichevoli che inducono emotività. Le carrellate di contenuti social dovrebbero essere meno strategiche e basate su parametri trasparenti, per evitare assuefazione e atomizzazione.
Terzo, l’infrastruttura digitale deve essere diffusa. La potenza di calcolo dovrebbe essere distribuita tra pubblico, privato, individui e società civile, impedendo una centralizzazione in stile Stargate. Le comunità territoriali dovrebbero poter scegliere se e quando costruire centri di calcolo e data center, con quote rilevanti di controllo e beneficio economico diretto.
Quarto, il popolo deve avere il controllo. Occorre stabilire una filiera digitale il più possibile autonoma e senza strettoie, per garantire che il controllo democratico passi attraverso le istituzioni locali, e non attraverso le scelte di governi o aziende straniere. I governi nazionali e sovranazionali democratici dovrebbero impegnarsi a fondo affinché questo diritto si concretizzi
Renato Pisani, Volere la luna, 20 novembre 2025
