Fra gli orrori della guerra che vengono spesso dimenticati è il suo sopravvivere in tempo di pace attraverso le sue trasformazioni industriali.
È noto – ma lo si dimentica – che i fili spinati con cui molti ancora recingono i loro campi e le loro proprietà provengono dalle trincee della Prima guerra mondiale e sono macchiati del sangue di innumerevoli soldati morti.
È noto – ma lo si dimentica – che i gommoni che affollano le nostre spiagge sono stati inventati per lo sbarco delle truppe in Normandia nella Seconda guerra mondiale.
È noto – ma lo si dimentica – che i diserbanti in uso nell’agricoltura derivano da quelli usati dagli statunitensi per deforestare il Vietnam; e, ultima conseguenza e di tutte peggiore, le centrali nucleari con le loro indistruggibili scorie sono la trasformazione “pacifica” delle bombe atomiche.
Ed è bene ricordare, come Simone Weil aveva compreso, che la guerra esterna è sempre anche una guerra civile, che la politica estera è, in verità, una politica interna. Rovesciando la formula del generale Carl von Clausewitz (la guerra è “una prosecuzione dell’attività politica, una sua continuazione con altri mezzi”), oggi la politica non è che un proseguimento della guerra con altri mezzi.
Giorgio Agamben, Comune, 23 ottobre 2025
