Sabato 6 settembre il grande cavallo azzurro ha dato inizio al viaggio. Farà tappa in sei Centri di Permanenza per il Rimpatrio di tutta la penisola. Verrà accolto da tante associazioni e da cittadini attivi, che insieme al cavallo si sono organizzati per manifestare e per denunciare le condizioni di estrema oscurità che vivono le persone trattenute. La prima tappa, al Centro per il Rimpatrio (Cpr) di Gradisca d’Isonzo (GO), con la partecipazione di più di quattrocento persone, ha dato ragione al progetto che avevamo costruito.
Le duecento bandiere che hanno accompagnato a Gradisca e accompagneranno Marco Cavallo nel suo nuovo viaggio verso i Cpr nascono da tessuti di scarto, recuperati da sartorie, mercati, vecchi guardaroba e fondi di magazzino. I colori e le forme delle bandiere raccontano storie. Usare tessuti di scarto non è solo una scelta estetica o ecologica. È un atto politico e poetico. Significa dare valore a ciò che è considerato inutile, rifiutato, ingombrante messo da parte, esattamente come accade alle persone rinchiuse nei Cpr. Non solo, ogni cucitura è un legame, un incontro tra colori diversi, come le vite che si intrecciano in un luogo di detenzione, di violenza e di soprusi tra lingue, culture e destini differenti. Le bandiere hanno bordi irregolari, cuciture visibili, trame che raccontano il loro passato. Ma è proprio in questa imperfezione la loro forza. Non parlano il linguaggio levigato delle celebrazioni ufficiali, ma quello diretto (e doloroso) di una umanità che resiste. Sventolano accanto a Marco Cavallo, il grande cavallo azzurro nato nei primi anni ’70 nell’ospedale psichiatrico di Trieste come segno di una libertà faticosamente riconquistata dagli internati prigionieri nei manicomi, e oggi tornato a percorrere strade e confini per chiedere la chiusura dei Cpr. Papa Francesco, più volte, ha denunciato la “cultura dello scarto”, quella che scarta vite come si scartano oggetti, che relega uomini e donne ai margini perché non ritenuti produttivi, utili, o conformi. In un mondo dove “scartare” è diventato un verbo sociale, queste bandiere scelgono di ribaltarne il significato: prendono ciò che era destinato al macero e lo fanno sventolare alto, visibile, irriducibile.
Il viaggio di Marco Cavallo e delle bandiere non sarà silenzioso. Ogni tappa sarà un incontro, una performance, un momento di ascolto e racconto. Le bandiere accompagneranno le parole, le musiche, i corpi in movimento, diventando scenografia viva di un’azione collettiva. Ogni brandello di stoffa racconta un “prima”: una tovaglia di famiglia, un abito da lavoro, una camicia usata in una festa, un telo rimasto invenduto. Il loro colore contrastante con il grigio dei muri e dei cancelli blindati dei Cpr dirà senza bisogno di spiegazioni: “qui fuori c’è qualcuno che guarda, che non dimentica, che reclama un’altra idea di giustizia e di convivenza”. Quando queste bandiere entrano in scena sono voci mute e dicono che nulla e nessuno è davvero scarto. Che ogni frammento ha diritto di essere visto, riconosciuto, rispettato. Che le persone rinchiuse nei Cpr non sono numeri, oggetti, povere cose da collocare altrove, ma vite piene di storie, sogni, desideri.
Le bandiere, come voci mute, ma chiarissime dicono che nulla e nessuno è scarto. Dicono, con Papa Francesco, che la “cultura dello scarto” è il vero nemico, e che un’altra cultura – quella dell’incontro, della riparazione, dell’accoglienza – è possibile. Così, nel vento del viaggio, i tessuti recuperati e cuciti insieme dalle sartorie sociali diventano un manifesto in movimento. Un richiamo al diritto di ogni essere umano di attraversare il cielo a testa alta, come una bandiera al vento.
In queste settimane, mentre di riunione in riunione decine e decine di associazioni si riconoscevano nel cavallo e nelle bandiere del viaggio, abbiamo visto e sentito molte parole che non conoscevamo. Abbiamo cominciato mezzo secolo fa lottando per tutti gli esclusi, ma queste persone vivono una condizione di dolore, di tortura, di invisibilità, non ci sono più! Scomparsi! Si sono salvati dalla morte in mare per finire da povere cose da scartare. Mentre ne parliamo e sale la nostra emozione, ci rendiamo conto che molti, uomini e donne, ragazze e ragazzi, non sanno nemmeno cosa siano questi Cpr. D’altra parte è difficile da spiegare e io stesso ho fatto fatica a capire. E quando ne ho parlato con giovani studenti mi hanno sempre chiesto: «Ma sono persone che hanno rubato, che hanno ucciso, che hanno fatto cose brutte?». La risposta non poteva che essere no.
Sappiamo bene che non sarà con questo viaggio che si chiuderanno i Cpr, ma riusciamo a immaginare che si possa cominciare a pensare concretamente alla loro chiusura. Tuttiinsieme. Ci piacerebbe che si iniziasse a parlare con più consapevolezza, in una dimensione etica e solidale che sembra ormai scomparsa. E ci piacerebbe anche, come è accaduto a Gradisca, che i trattenuti sentano il nitrito di dolore del cavallo. Davanti a quei muri, a quelle reti, a quei cancelli sbarrati e presidiati da uomini armati, dovremo essere capaci di guardare fuori di noi, di guardare a tutte le disuguaglianze che abbiamo attorno, di guardare alle culture dell’odio che avvelenano le nostre relazioni. Questo è quello che vorremmo accadesse. Come è accaduto a Gradisca vorremmo che, fuori dai Cpr, stessimo tutti in silenzio, per almeno cinque minuti. Come è accaduto a Gradisca quel silenzio, faticoso da sostenere, ha fatto incontrare le nostre emozioni.
Ho pensato alle belle bandiere di Pier Paolo Pasolini. Le bandiere rosse negli anni 40 e 50 non avevano necessità di dire perché stavano lì. Migliaia di uomini e donne si riconoscevano senza parlare. Oggi siamo in tanti intorno al cavallo, diventato una bella bandiera, nel sogno di libertà. Per rimuovere un po’ l’indifferenza, il silenzio che copre i Cpr e tanti altri luoghi di esclusione. Partecipare insieme significa combattere la piattezza che ci soffoca, l’indifferenza dominante.
Le tappe del viaggio di Marco Cavallo:
6 settembre: Gradisca d’Isonzo
20 settembre: Milano
27 settembre: Roma
4 ottobre: Palazzo San Gervasio (PZ)
8 ottobre: Brindisi
10 ottobre: Bari, conclusione del cammino.
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Volere la luna, 19 settembre 2025