Per quale Europa?

Il 15 marzo ci chiedono di scendere in piazza per l’Europa (o per l’Unione Europea?). Ma… per quale Europa?

Quella dell’espansione coloniale, dei genocidi nel nord e nel sud America, del mercato degli schiavi in Africa. Quella dello sviluppo del capitalismo industriale e dei conseguenti disastri ambientali.
Quella dello Stato moderno dei cittadini senza uguaglianza sociale. Quella che è stata teatro della Prima e della Seconda guerra mondiale?

Oppure l’Europa della grande cultura occidentale, quella bianca e razzista dello Stato nazionale moderno, lo Stato della democrazia elettiva che più di 2/5 dei cittadini non elegge più, quello della democrazia in casa nostra e dei “colpi di stato” altrove.
L’Europa del neocolonialismo e dello sfruttamento brutale delle risorse altrui. Quella della pace in casa propria ed esportatrice di armi e guerre nel resto del mondo. Quella dei nazionalismi identitari del
noi e degli altri?

O l’Unione Europea degli Stati nazionali difesi da muri e da fili spinati. Quella di Frontex, dei Cpr, dei “campi di concentramento” in Libia e altrove.
La UE del “patto di stabilità” e della scomparsa del welfare. Quella incapace di agire per la pace, subalterna al Patto Atlantico, quella che sostiene sempre Israele. Quella della corsa al riarmo?

Per questa Europa, per questa Unione Europea, non si può spendere una parola che non sia di critica.
A questa Europa bisogna chiedere di fare i conti con il proprio passato, di prendere atto del crollo definitivo delle socialdemocrazie e con esso dell’illusione che il capitalismo sia “governabile”. Prendere atto della crisi (per noi irreversibile) della democrazia rappresentativa così come l’abbiamo conosciuta e della necessità di ricercare nuovi strumenti di partecipazione politica.

Il cretinismo istituzionale dilaga. Non si capisce se sia ansia, paura o stupidità quella che avvolge i maestri pensatori delle “televendite” e “socialvendite” italiane.
Ricordiamogli che il pensiero critico è lo strumento principale per capire e il conflitto la pratica indispensabile dell’agire politico.

1 commento

  1. NÉ UN ESSERE UMANO, NÉ UN SOLDO PER LA GUERRA
    “Né un uomo né un soldo per la guerra” urlarono Mario Baricchi e Fermo Angioletti a Cesare Battisti che il 25 febbraio del 1915 si recò a Reggio Emilia per dire, invece, che in guerra bisognava andare. L’esercito sparò contro la folla e Mario e Fermo morirono. Li ha ricordati Pasquale Pugliese in un suo articolo su Vita del febbraio del 2022.
    Ecco a me il Michele Serra di oggi ricorda il Cesare Battisiti di allora. Battisiti allora scelse il progetto nazionale italiano come oggi Serra chiede più Europa.
    Tre anni fa ci dividemmo di nuovo tra interventisti e neutralisti sulla guerra in Ucraina. Forse se avessimo allora protetto l’Europa scegliendo la via del compromesso e della pace, oggi avremmo qualche carta in più da giocarci. Ma così non fu.
    La guerra contro cui urlarono Mario e Fermo fu la prima guerra mondiale, la prima guerra in cui fu impiegata massicciamente la produzione bellica industriale e la tecnologia ad essa collegata.
    Voglio dire a Serra e agli “irredentisti” europeisti che stanno scherzando con il fuoco, che la potenza tecnologica utilizzabile in un conflitto è aumentata incommensurabilmente dal 1915.
    Allora fu “un’inutile strage” oggi sarà il suicidio.
    Di citazione in citazione ricordo che nel 1955, da poco scomparso Albert Einstein, Bertrand Russell lesse una dichiarazione firmata da entrambi che recitava:
    “In considerazione del fatto che in una qualsiasi guerra futura saranno certamente usate armi nucleari e che queste armi minacciano la continuazione dell’esistenza umana, noi invitiamo i governi del mondo a rendersi conto, e a dichiararlo pubblicamente, che il loro scopo non può essere ottenuto con una guerra mondiale, e li invitiamo di conseguenza a trovare i mezzi pacifici per la soluzione di tutti i loro motivi di contesa.”
    A me bastano questi due riferimenti per dire a Michele Serra alla CGIL, alla CISL, alla UIL e anche all’ANPI che non scenderò in piazza con loro il prossimo 15 marzo.
    Ettore Machieraldo

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