I numeri della povertà alimentare in Italia

ActionAid ha realizzato una ricerca sulla povertà alimentare nel nostro Paese basandosi su diverse basi dati che hanno permesso di sviluppare alcuni indici dedicati proprio a questa forma di deprivazione. Roberto Sensi e Giulia Ciancimino ci spiegano i principali risultati emersi.

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Nel 2023, la povertà alimentare in Italia è tornata a crescere. Lo confermano i dati preliminari pubblicati dall’ISTAT sulle condizioni di vita e reddito delle famiglie. Si interrompe così una tendenza al progressivo miglioramento, che nemmeno la pandemia era riuscita a invertire, grazie soprattutto alle misure straordinarie adottate per fronteggiare l’emergenza Covid-19.
Tra il 2019 e il 2022, la deprivazione alimentare materiale era scesa dal 9,9% al 7,5%, coinvolgendo circa 4,4 milioni di persone, mentre quella sociale era calata dal 6,9% al 4,8%, interessando 2,4 milioni di individui con almeno 16 anni. Tuttavia, nel 2023, entrambe le forme di deprivazione hanno registrato un incremento di circa un punto: la deprivazione materiale è salita all’8,4%, colpendo circa 4,9 milioni di persone, mentre quella sociale è aumentata al 5,8%, interessando 2,9 milioni di individui con almeno 16 anni. In altre parole, nel 2023, sia la deprivazione alimentare materiale che quella sociale hanno coinvolto circa 500.000 persone in più rispetto all’anno precedente.
Particolarmente colpiti dal fenomeno sono le persone di cittadinanza straniera, quelle con bassi livelli di istruzione, le famiglie in affitto, monogenitoriali e numerose. Questi e molti altri dati sono raccolti nel rapporto di ActionAid I numeri della povertà alimentare in Italia a partire dalle statistiche ufficiali, che offre un’ampia panoramica sulla diffusione e l’intensità della povertà alimentare nel Paese.

Come misurare la povertà alimentare?
Per il secondo anno consecutivo, ActionAid ha analizzato le statistiche ISTAT per stimare i tassi di povertà alimentare nelle diverse regioni italiane. Questo approccio pone sfide significative sia di natura metodologica che politica. La povertà alimentare, infatti, è un fenomeno multidimensionale che impone di considerare molteplici fattori, alcuni dei quali difficili da tradurre in variabili rilevate sul campo.
Per stimare la diffusione della povertà alimentare, in assenza di altri strumenti, risultano preziosi i due indicatori che fanno parte dell’Indice di deprivazione materiale e sociale (MSD) utilizzato nell’indagine EU-SILC: l’impossibilità, per ragioni economiche, di consumare un pasto completo almeno ogni due giorni e l’impossibilità di incontrarsi con amici o parenti almeno una volta al mese per condividere un pasto.
A partire da questi due indicatori, ActionAid ha sviluppato l’Indice di Deprivazione Alimentare Materiale e/o Sociale (DAMS), uno strumento che consente di stimare il numero di individui che, per motivi economici, non hanno accesso a un cibo adeguato e/o non partecipano a eventi sociali legati alla condivisione del cibo. Nel 2022, l’incidenza del DAMS ha raggiunto il 10,5%, coinvolgendo circa 5,3 milioni di persone. Di queste, 3,8 milioni (il 7,5% della popolazione di almeno 16 anni) non sono riuscite ad avere accesso a un pasto completo ogni due giorni, mentre 2,4 milioni (il 4,8%) non hanno partecipato a eventi sociali legati al cibo almeno una volta al mese. Circa 900.000 persone (l’1,8% della popolazione) hanno sperimentato entrambe le condizioni di deprivazione.
Tra le regioni italiane dove l’incidenza del DAMS supera la media nazionale, si trovano la Calabria (25,1%, 403.296 persone), la Campania (21%, 976.369 persone) e il Lazio (14,5%, 708.337 persone).

Oltre l’aiuto alimentare: rafforzare i sistemi di contrasto
Una politica di contrasto alla povertà alimentare dovrebbe condividere lo stesso obiettivo di una politica alimentare: garantire il benessere della popolazione. Parafrasando Amartya Sen, potremmo dire che essere liberi dalla fame – obiettivo delle attuali politiche – non equivale a vivere in una condizione di sicurezza alimentare. Quest’ultima richiede di considerare il cibo non solo nella sua dimensione materiale (qualità, quantità e adeguatezza nutrizionale), ma anche nelle sue dimensioni immateriali, come gli aspetti relazionali, culturali, sociali, psicologici ed emotivi.
Per essere efficace, una politica di contrasto alla povertà alimentare deve affrontare le cause profonde – non solo economiche – e le molteplici conseguenze del fenomeno. Le filiere di aiuto alimentare rappresentano un passo iniziale, utile in situazioni di emergenza, ma non sufficiente per risolvere il problema in modo strutturale. Più che rafforzare un approccio emergenziale, argomento che è servito per giustificare il potenziamento dei canali di aiuto alimentare negli ultimi anni, è fondamentale costruire sistemi di contrasto radicati e integrati, capaci di intervenire sulle diverse dimensioni della povertà alimentare e promuovere il diritto al cibo come elemento centrale per il benessere e l’inclusione sociale.

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