Il ministero dell’Interno ha recentemente promosso la sua decennale propaganda anti-immigrazione esaltando con orgoglio le azioni messe in campo dal governo italiano con lo scopo di “contrastare i trafficanti di esseri umani” in un ottica di cooperazione con le autorità tunisine a cui ha appena consegnato tre motovedette per rafforzare “i salvataggi in mare” e ” il controllo delle frontiere” interne, esterne ed esternalizzate.
Quello che non distacca è, invece, l’effetto e le conseguenze che l’uso di questo linguaggio altrettanto criminale hanno nella promozione di azioni che da un decennio non realizzano soccorsi ma annegano diritti e vite umane. La concessione delle motovedette è solo l’ultimo esempio degli incentivi forniti a Tunisia e Libia per decentralizzare il controllo alle frontiere nazionali e delegarlo alle spietate autorità di paesi terzi non sicuri per perseguitare, controllare, identificare e respingere le persone in movimento verso l’Europa.
Sono molte più delle 5.823 persone respinte, quelle intercettate e violentemente portate indietro nei lager libici, nel deserto o lasciate annegare nel Mediterraneo di cui con soddisfazione la Polizia di Frontiera cita.
Siamo disgustate da quanto viene presentato eroicamente da istituzioni che dovrebbero difendere la vita sopra ogni altra cosa anziché criminalizzarla. Dal 2014 ad oggi ad aumentare nel nostro mare è la quantità di persone morte e disperse nel tentativo di raggiungere una terra più sicura in cui vivere. Nella Giornata internazionale per le persone scomparse abbiamo ribadito che le politiche migratorie italiane ed europee sono politiche di morte. Contrastiamo le reali criminali, le politiche di frontiere!