Per chi si occupa di etica della ricerca, Leonid Schneider è un nome di riferimento. Schneider è un giornalista scientifico indipendente ucraino oggi residente in Germania, con una lunga esperienza di ricerca in biologia molecolare alle spalle. Dal suo sito forbetterscience.com pubblica documentatissime inchieste su frodi scientifiche da tutto il mondo. Una delle più note riguarda il chirurgo italiano Paolo Macchiarini, considerato fino a un decennio fa una star mondiale per i suoi sperimentali trapianti di trachea a base di cellule staminali. Per lui si parlò anche di un possibile premio Nobel, prima che Schneider dimostrasse che i suoi interventi non rispettavano le norme dell’etica medica (è un eufemismo) e che i pazienti non ne recavano alcun beneficio. Da lì è iniziata la caduta libera di Macchiarini che da Stoccolma, invece del premio, ha ricevuto una condanna penale a due anni e mezzo di carcere per lesioni a danni di alcuni pazienti. La sua storia è raccontata anche dalla serie Netflix Bad Surgeon.
Il sito di Schneider ospita moltissime inchieste su altre star della scienza dal curriculum opaco. Molte riguardano scienziati italiani illustri: avendo lavorato per diversi anni all’Istituto di oncologia molecolare di Milano, Schneider conosce bene la realtà del nostro Paese. Ma è inutile consigliare al lettore di visitare il suo sito per saperne di più: da alcuni giorni forbetterscience.com non è più visibile perché la magistratura italiana ne ha decretato l’oscuramento. Motivo? Schneider è accusato di aver diffamato il gastroenterologo Gabrio Bassotti, sessantasettenne professore all’Università di Perugia. Secondo Schneider, Bassotti avrebbe prelevato tessuti da pazienti violando le norme sul consenso informato e avrebbe manipolato diverse ricerche pubblicate, accuse nettamente respinte da Bassotti. Il processo per stabilire se l’accusa sia fondata deve ancora svolgersi. Nel frattempo, il pm ha chiesto di non rendere visibile dall’Italia forbetterscience.com e anche le parti del blog della giornalista scientifica Sylvie Coyaud che lo citavano. Rimane però online il sito pubpeer.com, il social network su cui gli scienziati si fanno le pulci e che ospita segnalazioni di anomalie riscontrate in una sessantina di pubblicazioni scientifiche firmate da Bassotti e suoi colleghi. Sarà un giudice a stabilire se tali dubbi siano fondati.
Tuttavia, è difficile che una corte confermi accuse di frode scientifica. A meno che non sconfinino in pratiche apertamente criminali, la maggior parte delle truffe accademiche non costituiscono reato e i tribunali non sono qualificati per valutare conoscenze così specialistiche. La difficoltà di verificare i fatti scientifici trasforma quindi ogni denuncia – legittima o no – in una potenziale calunnia con conseguenze legali serie, soprattutto per giornalisti come Schneider o Coyaud che non sono spalleggiati da un editore.
Anche per questa ragione il giornalismo scientifico investigativo è merce rarissima, sebbene ce ne sia un gran bisogno. Come dimostrano gli scandali sempre più numerosi (ma senza particolari conseguenze per i responsabili) il mondo della ricerca finora non ha dimostrato gli anticorpi necessari per autogovernarsi e mettere ai margini gli scienziati che barano. In queste condizioni di impunità, rispettare le regole semplicemente non conviene. Non è una questione esclusivamente etica: anche se non rappresentano reati, le frodi falsano le carriere accademiche a favore dei ricercatori disonesti e fanno sprecare risorse in ricerche infondate. E a finanziare carriere e ricerche siamo noi.
il manifesto, 6 settembre 2024