Con sentenza n. 146/2024 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il requisito di cinque anni di residenza o attività lavorativa nella Regione e di tre anni nell’ambito di competenza degli enti gestori delle politiche socio-assistenziali per l’accesso all’edilizia sociale.
La Corte, confermando i suoi numerosi precedenti, ha ribadito l’irragionevolezza del requisito, che finisce per escludere da un fondamentale diritto sociale proprio le persone più bisognose, che tendono a spostarsi più frequentemente alla ricerca di condizioni di vita migliori; la Corte ha anche ribadito che la pregressa residenza o attività lavorativa non hanno alcun “valore prognostico” sulla futura stabilità del richiedente e, soprattutto, che non sono in alcun modo significative di una particolare situazione di bisogno e pertanto non possono costituire requisiti di accesso a una prestazione che deve essere necessariamente distribuita sulla base del bisogno.
Ora il giudizio riprenderà avanti il Tribunale di Torino che aveva sollevato l’eccezione nell’ambito di un ricorso promosso da ASGI: tuttavia già ora i Comuni sono tenuti a rimodulare i bandi sulla base della nuova situazione normativa eliminando un requisito che è risultato in contrasto con la Costituzione: si rivela quindi oculata la scelta dei comuni (in particolare Torino ma anche Cuneo, Ovada, Ivrea, Borgaro T.se, etc.) che, in attesa della sentenza, avevano ammesso con riserva i residenti infraquinquennali e che ora dovranno solamente sciogliere la riserva a favore dei richiedenti; gli altri Comuni dovranno invece “ripescare” i richiedenti esclusi e riscrivere i bandi, esponendosi in mancanza a richieste risarcitorie.
Da segnalare anche che la Corte conferma che l’unica rilevanza attribuibile alla pregressa presenza sul territorio è quella che si congiunge con la considerazione del bisogno e dunque l’anzianità di presenza nella graduatoria: il che costituisce sicuramente un’indicazione per il legislatore regionale piemontese che, con la riforma del 2024, ha inteso fare esattamente l’opposto e cioè valorizzare la residenza pregressa in quanto tale, a prescindere dal bisogno.
ASGI invita quindi il Consiglio Regionale a riconsiderare, nell’ambito della doverosa cooperazione con la Corte, la recente modifica alla luce delle indicazioni contenute nella sentenza.