Il ministro dell’istruzione Valditara è allergico alla paleontologia e non vuole che a scuola si perda tempo con la preistoria, eppure è bene sapere che l’Homo sapiens in passato ha sperimentato un po’ qualunque tipo di incroci e che il periodo che va dai Romani a oggi è solo una minima parte dell’evoluzione.
Andrea Capocci, su il manifesto, ci informa, alla faccia dello sciocco Ministro, cosa accadde qualche migliaia di anni fa.
Forse bisognerebbe spiegare al ministro “saputello” che la storia non comincia con la civiltà schiavistica di Roma!
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Il ministro dell’istruzione Valditara ha espresso più volte la sua avversione per lo studio precoce della paleontologia: «perdere un anno a studiare i dinosauri – ha tuonato in un video online – è una sciocchezza!». Non stupisce che a uno storico del diritto romano venga l’orticaria se ci si spinge un po’ più indietro di Catone il Censore. Alla destra il passato interessa soprattutto come tradizione, non certo come evoluzione. Così però si ignora che il periodo compreso tra l’antichità e l’oggi è solo una minima parte della vicenda umana e si finisce per ritenere fissi certi caratteri dell’Homo sapiens. Chi al contrario approfondisse le nostre origini lontane, scoprirebbe che certi imperituri valori venerati dalla destra, come la Patria o l’evasione fiscale, non sono affatto «naturali».
Prendiamo il concetto di famiglia tradizionale: vogliamo raccontare ai fanciulli, si chiede forse Valditara, che in passato Homo sapiens ha sperimentato un po’ qualunque tipo di incrocio, financo con altre specie? Non ci sono già i siti pornografici per certe sconcezze?
Allora è meglio che non si sappia quello che ha scoperto un recente studio realizzato dai ricercatori di Lipsia, Londra, Berkeley e Rochester, con il dottorando Leonardo Iasi come primo autore (complimenti). Per ora la ricerca è solo sull’archivio telematico biorXiv e non è ancora stato pubblicato su una rivista ufficiale. In molti però lo prendono sul serio, visto che il gruppo di Lipsia è quello fondato e guidato da Svante Paabo, premio Nobel per la medicina del 2022 e leader mondiale indiscusso della ricerca genetica su campioni biologici preistorici.
Usando la bioinformatica, i ricercatori sono riusciti a chiarire molti aspetti degli accoppiamenti avvenuti tra sapiens e Neandertal nel nostro passato lontano su cui i paleoantropologi si interrogano da tempo. Che circa il 5% del nostro Dna provenga da quelle ibridazioni è ormai un fatto noto. Sui rapporti tra Neandertal e sapiens invece sappiamo ancora pochissimo.
I ricercatori hanno analizzato il Dna di 300 genomi umani risalenti agli ultimi 50.000 anni, studiando come l’evoluzione abbia diffuso i geni neandertaliani tra i sapiens. Risalendo a ritroso all’origine di questa contaminazione etnica, è stato possibile stimare che l’eredità neandertaliana ci arriva da una fase di «scambio genetico» risalente a 47 mila anni fa e durata probabilmente settemila anni, un periodo piuttosto prolungato durante il quale il concetto di «famiglia tradizionale» doveva essere piuttosto fluido. È plausibile che altri contatti approfonditi tra sapiens e Neandertal siano avvenuti prima o dopo questo periodo cruciale, ma senza lasciare eredi nella popolazione odierna.
Gli esotici incontri di 47mila anni fa peraltro ricongiungevano due popolazioni che avevano origini comuni. Sia noi che i Neandertal avevamo lasciato le nostre radici in Africa, dove viveva la popolazione da cui discendono entrambe le specie. I primi a diffondersi verso Asia e Europa, circa cinquecentomila anni fa, erano stati i Neandertal. Trecentomila o quattrocentomila anni dopo, era toccato a noi sapiens espanderci verso nord imbattendoci nei «cugini». Difficile stabilire se le ibridazioni derivarono da pacifici incontri tra lontani parenti o da sottomissioni forzate tra clan in guerra tra loro. Di certo gli immigrati all’epoca eravamo noi – noi sapiens – e quella fu davvero una sostituzione etnica. Checché ne dica Valditara, forse è utile per i bambini imparare sin da subito che il nostro passaggio sul pianeta rappresenta un episodio di un’evoluzione accidentale e accidentata che non iniziò né finirà con noi.
Andrea Capocci, il manifesto, 24 maggio 2024