Da ComuneINFO prendiamo un intervento di Lea Melandri del 29 luglio, nel frattempo ancora altre donne uccise, violentate o importunate, altri fidanzati o ex fidanzati che vogliono affermare “il possesso”. Il problema resta sempre lo stesso ed è profondo nel trascorso maschile. Invece di “ri-santificare” la famiglia (il luogo più frequentato dalla violenza sulle donne), insieme alla patria, sarebbe opportuno che le istituzioni avviassero processi di “educazione consapevole” e i media collaborassero allo scopo.
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Cologno Monzese, Rovereto, Pozzuoli: tre femminicidi nelle ultime ventiquattro ore ma per l’informazione nostrana la violenza maschile sulle donne passa sempre come casi di cronaca nera. Non una parola in più, un piccolo cenno di stupore o di sgomento di fronte a uomini che uccidono donne con le quali hanno avuto rapporti intimi, non una domanda sull’annodamento perverso tra quello che abbiamo chiamato finora amore e un potere maschile di vita e di morte.
L’omertoso silenzio della politica istituzionale e quello dell’informazione e il persistente sessismo restano dominanti.
Non ci sono alternative: bisogna andare alla radice, a quella che io chiamo violenza d’origine – quella differenziazione che ha da sempre diviso e contrapposto maschio e femmina, identificando le donne con la maternità, l’uomo col pensiero e la storia. Un fenomeno che attraversa i secoli: il patriarcato assume forme diverse, ma si presenta sempre, al di là del momento e del contesto storico. Il dominio maschile cerca sempre di riaffermarsi. Insomma il sessismo, per essere messo in discussione, va pensato come fenomeno di fondo.
Ma è molto difficile mettere un argine al sessismo quando, a partire dalla classe politica, si chiude a qualsiasi ipotesi di cambiamento. Basti pensare, solo per fare qualche esempio, alla levata di scudi contro il disegno di legge Zan, osteggiato anche a colpi di fake news, che alla fine lo ha fatto naufragare.
Negli ultimi anni in Italia c’è stato un ritorno in forza dei valori tradizionali: la famiglia, la maternità, la patria. Non ci stiamo interrogando sul perché abbiano così tanto consenso. Perché nel senso comune esiste purtroppo la normalità della gerarchia, del rapporto tra i sessi e della violenza. Tutto questo andrebbe affrontato a partire dalla scuola e dall’educazione. E proprio l’educazione deve tenere conto di quello che ereditiamo inconsciamente dal passato. Perché, quando parliamo di femminicidi parliamo di normalità. Quando sentiamo dire “era un uomo mite”, sì, può essere, ma quando si rompe l’equilibrio di ciò che quell’uomo mite riteneva normale, esplode una violenza che appare sempre “inaspettata”.