Europa. E’ la fine del diritto d’asilo! …di Matteo Losana

L’adozione di politiche sull’immigrazione sempre più restrittive, lesive dei diritti fondamentali che garantiscono i migranti, procede spedita, non solo a livello nazionale, ma anche – e con sempre maggior determinazione – a livello sovranazionale. Lo scorso 8 dicembre, il Consiglio europeo (organo dell’Unione europea) ha trovato l’accordo per allargare la definizione di Paesi sicuri, consentendo agli Stati membri di considerare inammissibile la domanda di asilo, anche quando il richiedente potrebbe ricevere protezione, in un Paese terzo (con il quale non è più necessario abbia alcun legame). Il 10 dicembre, i ministri del Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale diversa dall’Unione europea, alla quale aderiscono peraltro molti Stati europei) hanno discusso un modello di accordo relativo al rimpatrio dei richiedenti asilo la cui domanda sia stata respinta e, come si può leggere dai comunicati dell’Ansa, “all’esternalizzazione della gestione migratoria”. Si tratti di Unione europea oppure di Consiglio d’Europa poco cambia: l’indirizzo politico sembra tracciato e il destino dei diritti fondamentali dei migranti (sempre più) segnato.

Soprattutto dietro l’incontro dei ministri del Consiglio d’Europa, traspare in controluce una certa insofferenza di alcuni esecutivi nazionali per le garanzie offerte ai migranti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), così come interpretata in modo estensivo dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU). Infatti, è pur vero, come sottolineato dagli Stati insofferenti, che il testo originario della CEDU contiene poche e tutto sommato limitate disposizioni dedicate specificatamente agli stranieri. Ma è altrettanto vero che la Corte EDU, attraverso la propria giurisprudenza, ha parzialmente colmato la lacuna, individuando un quadro di principi applicabili anche agli stranieri presenti sul territorio degli Stati aderenti alla Convenzione, capaci di incidere e limitare le politiche migratorie dei medesimi Stati. L’accusa mossa alla CEDU e alla Corte sovranazionale è semplice: la tutela dei diritti fondamentali dei migranti rischia di intralciare le politiche migratorie sempre più restrittive che taluni governi vorrebbero realizzare.

La preoccupazione non è di oggi. Nel maggio di quest’anno, il Governo italiano e quello danese hanno diffuso una lettera aperta con la quale si voleva aprire un “dibattito” sull’interpretazione delle convenzioni poste a protezione dei diritti fondamentali (in particolare, della CEDU) proprio nella materia dell’immigrazione. Al di là della forma, la lettera aveva un destinatario facilmente individuabile: la Corte EDU, accusata di un’indebita ingerenza nel campo del diritto d’asilo e di orientamenti giurisprudenziali eccessivamente sensibili alle ragioni dei migranti. Preoccupazione ripresa alla vigilia dell’incontro dei ministri del Consiglio d’Europa dal Primo Ministro inglese Starmer e dalla Premier danese Frederiksen che – in un articolo pubblicato sul The Guardian del 9 dicembre – hanno esortato gli omologhi europei a scegliere interpretazioni svalutative del diritto di asilo, adeguate alla realtà odierna che renderebbe quello strumento addirittura obsoleto e superato (pensato per un’altra epoca). Insomma, e al di là delle dichiarazioni di facciata, l’ambizione di predisporre politiche migratorie dentro la cornice di principi sanciti dalle convenzioni internazionali che tutelano i diritti umani sembra definitivamente naufragata. Quella prospettata ha il sapore amaro della scelta tragica: o si proteggono i diritti umani o si realizzano politiche migratorie efficaci, senza la possibilità di alcun compromesso. Una prospettiva escludente camuffata spesso da scelta politica obbligata, necessaria (addirittura) per fronteggiare i populismi e gli estremismi che vorrebbero politiche migratorie ancora più escludenti e discriminatorie. Dinnanzi a questo scenario è forse utile ricordare il “posto” della CEDU nel nostro ordinamento. Con due sentenze, 348 e 349 del 2007, la nostra Corte costituzionale ha chiarito la natura delle norme della CEDU: “proprio perché si tratta di norme che integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur sempre ad un livello sub-costituzionale, è necessario che esse siano conformi a Costituzione”. Insomma, la CEDU non potrà mai abbassare il livello di protezione dei diritti già garantito dalla nostra Costituzione, anche nei confronti dei migranti. E se questa ipotesi dovesse mai verificarsi – non importa se per una modifica al ribasso del testo della Convenzione, oppure per il consolidarsi di orientamenti della Corte EDU sempre meno favorevoli ai migranti – la Corte costituzionale dovrebbe dichiarare l’incapacità della norma convenzionale a integrare il nostro parametro costituzionale, “provvedendo, nei modi rituali, a espungerla dall’ordinamento giuridico italiano”. Si potrà dunque anche svilire la CEDU, ma rimane pur sempre la Costituzione e la necessità di rispettarla

Volere la luna, 15 dicembre 2025

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *