La “Grande Paura”, una rivoluzione virale …di Andrea Capocci

Mentre nella Parigi del 1789 si abolivano i privilegi nobiliari, non è che il resto della Francia stesse con le mani in mano. Tra luglio e agosto, mentre a Parigi si assaltava la Bastiglia, dalla Bretagna ai Pirenei i contadini saccheggiarono e incendiarono centinaia di castelli e ville dei signorotti locali, convinti che i nobili avessero assoldato orde di briganti stranieri per distruggere i raccolti e affamare il popolo. La «Grande Paura» era una fake news perché i briganti non esistevano. Ma la rivoluzione vinse.

Gli storici si sono divisi sull’interpretazione della Grande Paura: fu un delirio collettivo o un’insurrezione con radici politiche, anche se scatenata da una bufala? Le informazioni allora non viaggiavano nel modo istantaneo di oggi. Neanche i pochi giornali esistenti erano di grande aiuto: nei giorni della Bastiglia la Gazette de France metteva in prima pagina gli aggiornamenti sulla guerra russo-svedese e nemmeno una parola sulla rivolta in corso. Però le notizie giravano lo stesso attraverso il passaparola che distingue male tra vero e falso.

Oggi la Grande Paura sarebbe stata definita «virale». E per capirne la natura un gruppo di ricercatrici e ricercatori sparso tra Italia e Francia, guidato dal fisico Stefano Zapperi dell’università di Milano e in cui figurano anche medici ed economisti, l’ha analizzata proprio come se si trattasse di un virus trasmesso da una persona all’altra. Il risultato del loro studio è pubblicato nell’ultimo numero di Nature, rivista scientifica che normalmente non si occupa di storia. Non è strano che fisici, medici e scienziati sociali lavorino gomito a gomito: da anni i fisici forniscono i modelli matematici per analizzare la diffusione di virus biologici e informatici, ma anche di opinioni e informazioni grazie ai big data raccolti via Internet.

Ma è la prima volta che questi metodi piuttosto sofisticati sono applicati allo studio della storia.

Anche se nel 1789 internet non esisteva, i dati ci sono. Le strade lungo cui viaggiavano persone e informazioni erano mappate in dettaglio. Inoltre, negli anni ‘30 dello scorso secolo lo storico marxista francese George Lefebvre aveva documentato minuziosamente la diffusione della diceria nelle campagne francesi per scrivere La Grande Paura del 1789, il testo di riferimento sul tema pubblicato in Italia solo nel 1973.

Sulla base di questo materiale, Zapperi e colleghi illuminano alcuni aspetti inediti e inaccessibili agli storici di matrice umanistica. Stimano ad esempio che in media ogni contadino raccontò la storia dei briganti ad altri due (il famoso «R con zero» che qualcuno ricorderà dai tempi del Covid!). Con un contagio così rapido, la voce si diffuse a partire dal 20 luglio, raggiunse un picco il 30 e il 6 agosto svanì ancor prima che da Parigi arrivasse l’annuncio – stavolta autentico – della caduta dell’aristocrazia. La Grande Paura è circolata più rapidamente nelle città grandi, ricche e acculturate e laddove il prezzo del grano era più alto. «Questo suggerisce che la Grande Paura fu un evento guidato da ragioni politiche fondato su un comportamento razionale in risposta al contesto giuridico locale, più che un’esplosione emotiva», concludono i ricercatori, dando ragione alla storiografia marxista.

Pure questa non è una novità. Spesso le rivolte caotiche e apparentemente irrazionali vengono derubricate a puro teppismo alimentato da ignoranza. Proprio la Francia ha tenuto vivo questo dibattito a colpi di banlieues, gilet gialli, maranza e il movimento «Blocchiamo tutto» che si è dato appuntamento per il 10 settembre. Che ci voglia la fisica per resuscitare la politica non è un bel segno.

il manifesto, 29 agosto 2025

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