La salute da diritto universale a privilegio

L’8º rapporto GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale pubblicato nei giorni scorsi è impietoso.

Il diritto alla tutela della salute dipende dalla capacità di garantire la migliore assistenza possibile da parte della più grande opera pubblica mai costruita nel nostro Paese, ovvero il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) fatto di strutture, tecnologie, modelli organizzativi e soprattutto professionisti sanitari. Ma questa capacità si va drammaticamente riducendo per l’inerzia di tutti i Governi degli ultimi 15 anni, che hanno contribuito al progressivo sgretolamento del Servizio, attraverso gravi azioni e omissioni a cominciare dalla considerazione della sanità come un costo da tagliare, anziché la priorità su cui investire per tutelare la salute delle persone e favorire la crescita economica del Paese. Così il fiore all’occhiello del Paese si è avvizzito e oggi il fallimento delle politiche sanitarie sta trasformando un diritto universale in un privilegio per pochi.

Alcuni dati sono illuminanti.

Il Fabbisogno Sanitario Nazionale (FSN) dal 2010 al 2025 è aumentato complessivamente di € 31,1 miliardi, in media € 2,07 miliardi per anno, ma con trend molto diversi tra il periodo pre-pandemico (2010- 2019), gli anni della pandemia (2020-2022) e il periodo post-pandemico (2023-2025). Durante la stagione dei tagli (2010-2019) alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre € 37 miliardi, con un aumento complessivo del FSN di soli € 8,2 miliardi in 10 anni, pari ad una crescita media dello 0,9% annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua (1,2%). Negli anni della pandemia (2020-2022) il FSN è cresciuto complessivamente di € 11,6 miliardi, con una media del 3,4% annuo, segnando formalmente la fine dei tagli. Inoltre, tra marzo 2020 e settembre 2022 sono stati stanziati € 11.584,3 milioni per la gestione dell’emergenza COVID-19 e per sostenere i maggiori costi energetici: di questi, € 5.506 milioni hanno incrementato il FSN, mentre € 6.078,3 milioni sono stati destinati ad altre spese legate all’emergenza. Un netto rilancio del finanziamento pubblico che purtroppo è stato assorbito dai costi della pandemia. Nel periodo post-pandemico (2023-2025) il FSN è cresciuto complessivamente di € 11,1 miliardi, passando da € 125,4 miliardi del 2022 a € 136,5 miliardi del 2025; ma nel 2022 e nel 2023 l’aumento percentuale, inferiore a quello dell’inflazione, è stato eroso dall’aumento dei costi energetici.

L’incidenza del FSN sul PIL al 31 dicembre 2024 è scesa dal 6,3% del 2022 al 6% del 2023, attestandosi al 6,1% nel biennio 2024-2025. Una riduzione che in termini assoluti equivale a € 13,1 miliardi: € 4,7 miliardi nel 2023, € 3,4 miliardi nel 2024 e € 5 miliardi nel 2025. Dal punto di vista previsionale il Documento Programmatico di Finanza Pubblica (DPFP) 2025, pubblicato il 2 ottobre 2025, ha fissato il rapporto spesa sanitaria/PIL al 6,4% per il periodo 2025-2028, fatta eccezione per l’anno 2026 in cui sale al 6,5%. Tuttavia, il FSN determinato dalla Legge di Bilancio 2025, in percentuale di PIL scende dal 6,1% del 2025-2026 al 5,9% nel 2027 e al 5,8% nel 2028.

Il divario attuale tra previsione di spesa sanitaria ed entità del FSN (€ 7,5 miliardi per il 2025, € 9,2 miliardi nel 2026, € 10,3 miliardi nel 2027, € 13,4 miliardi nel 2028) rischia di scaricarsi sui bilanci delle Regioni, alle quali resteranno solo due alternative per evitare di chiudere i bilanci in rosso: aumentare le imposte regionali oppure tagliare i servizi ai cittadini.

Di tutto ciò tratta il Rapporto Gimbe, che documenta con dati e analisi indipendenti l’entità della crisi e indica le azioni necessarie per invertire la rotta.

Qui il link al testo dell’8ºrapporto_GIMBE

Fondazione Gimbe, Volere la luna, 24 ottobre 2025

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