La tregua e il movimento “propal”

L’incertezza non deve distrarci. in qualsiasi modo vada dobbiamo essere capaci di agire permanentemente per condizionare le scelte internazionali intorno alla questione palestinese. Velleitario? Può sembrare, ma è l’unico ruolo che il movimento possa avere: non lasciare le piazze, fare controinformazione, coinvolgere il numero più largo di persone, rendere concrete alcune proposte. Massimo De Angelis ci aiuta a fare chiarezza su Comune. Ne riportiamo un frammento finale. Non sappiamo se il movimento sia in grado di durare ma dobbiamo provarci

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[—] Il cessate il fuoco e il piano a venti punti non rappresentano la fine del conflitto, ma l’apertura di un campo di battaglia politico e sociale.

Nei prossimi mesi, tre scenari restano in tensione. Il primo — il più probabile — è quello di una stabilizzazione tecnocratica del conflitto: Gaza trasformata in un protettorato amministrato da esperti e sponsor occidentali, mentre la Cisgiordania scivola nel freeze & fragment di colonizzazione e annessione silenziosa.

Il secondo è quello della ricomposizione palestinese, con una leadership legittimata e popolare, resa possibile — a detta di molti — solo dalla liberazione di Marwan Barghouti, oggi ostinatamente trattenuto da Israele. Ma una leadership politica unitaria potrà emergere solo se saprà intrecciarsi con la forza costituente dal basso che la società palestinese ha già dimostrato: la capacità di organizzare la vita nel pieno della distruzione, di trasformare la sopravvivenza in solidarietà e la solidarietà in progetto politico.

Infine, il terzo scenario è quello del ritorno all’escalation: se i meccanismi di scambio, liberazione e ricostruzione salteranno, la pulsazione del comando tornerà a prevalere con la violenza.

In ciascuno di questi scenari, i movimenti restano decisivi. Nella governance tecnocratica, devono imporre condizioni chiare e vincolanti sugli aiuti e sulla rappresentanza palestinese, evitando che Gaza diventi un esperimento di “umanitarismo neocoloniale”. Nella prospettiva della ricomposizione, devono trasformare la campagna per la liberazione di Barghouti in un simbolo della sovranità popolare palestinese e della lotta globale contro il potere coloniale. Nel caso del freeze & fragment, devono spostare l’attenzione internazionale sulla Cisgiordania, documentando la colonizzazione, smascherando la falsa “normalità” e colpendo economicamente le catene di profitto legate agli insediamenti. E se la tregua dovesse infrangersi, dovranno tornare a occupare in massa la scena pubblica, rendendo immediatamente visibile e insostenibile ogni nuovo atto di guerra.

In tutti i casi, la posta in gioco è la stessa: impedire che la tregua si richiuda in una pace neocoloniale e mantenere aperto lo spazio di autodeterminazione dal basso che la società palestinese — insieme alla solidarietà globale — ha faticosamente riaperto. Solo così la pulsazione del comune — la riproduzione della vita, della cura, della dignità — potrà continuare a interferire con la pulsazione del comando, impedendole di richiudere la finestra che si è aperta.

Massimo De Angelis, Comune, 18 ottobre 2025

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