Stefano Benni, che ci ha insegnato a ridere del male …di Loris Campetti

È morto il Lupo. È così che si presentava agli amici: “Piacere, il Lupo”.

Stefano Benni era davvero il “comico spaventato guerriero”, una delle fantastiche creature figlie del suo ingegno. Nel Bar Sport si confondeva con i suoi strampalati personaggi, persino con la Luisona che era la decana delle paste d’annata esposte in bacheca; nel Bar sotto il mare non scendeva personalmente, restava a galla e osservava i pesci con la maschera, tanto poi a portarli in tavola ci pensava uno dei suoi, dei nostri, compagni: Gianni Usai il pescatore d’aragoste forgiato alla scuola di Mirafiori e della Fiom. Al Lupo Benni piaceva cazzeggiare e i giochi li inventava lui. Un’estate, insieme a Pietro Perotti, un altro dei migliori prodotti della creatività operaia e all’immancabile Usai, costruì il Camullo, a cavallo tra la mitologia celtica e un’indomabile fantasia, un improbabile essere enorme in gommapiuma più tenero che minaccioso. Con un mini corteo che via via si infoltiva aveva attraversato le baracche dei pescatori di Su Pallosu e l’unica strada quasi asfaltata del porticciolo del Sinis. Stefano costruiva comunità, rubava paesaggi e saperi, mestieri e passioni, li metteva in scena nei libri, nelle poesie, nelle pagine dei giornali, nei teatri, nei disegni sui muri degli amici.

Il Lupo non era amico solo degli operai o di qualche sporadico giornalista squinternato come lui: tra i suoi riferimenti e sodali compaiono nomi importanti di scrittori, come il francese Daniel Pennac o il finlandese Arto Paasilinna. A Beppe Grillo, quando si limitava a fare l’attore fustigatore, scriveva testi e battute. Ha costruito cultura insieme alle migliori icone italiane, come Fabrizio De Andrè. Ha conversato con Goffedo Fofi, collaborato con Altan, scritto su Cuore, Linus, Espresso, Panorama e numerose riviste.

Benni è stato giornalista, ha fatto sbellicare di risate i lettori del manifesto con racconti, poesie, libri come Il Benni furioso e Il ritorno del Benni furioso, ha sostenuto il quotidiano comunista nei tanti momenti difficili della sua vita precedente il 2012. Ma ha anche scritto “cose serie” come il reportage sulle bombe nel rapido 906 a San Benedetto Val di Sambro. Ha scritto e recitato per il teatro, talvolta affidando la colonna sonora al figlio Niclas. E ha scritto tanti libri, montando storie, paradossi e battute, assemblando con arte le parole come se stesse costruendo una casa con il Lego. Molti Lego sono nati prima nella baracca e poi nella casa sul mare sardo di Usai. Terra, Stranalandia, Baol, La compagnia dei Celestini, Elianto, Saltatempo, Prendiluna, i già citati Comici spaventati guerrieri, Bar sport e Il bar sotto il mare. E altri ancora. In Non siamo stato noi è contenutauna raccolta di corsivi e racconti per Savelli, ma il grosso della produzione di Stefano è targata Feltrinelli, con alcune rapide incursioni in Mondadori e Sellerio. Negli ultimi anni in cui è riuscito a tenere in mano la penna e la sua stessa vita ha scritto su Repubblica.

La satira struggente di Benni ci ha costretto a ridere – mai sorridere – di eventi e soggetti tragici, di una realtà sempre più lontana dai sogni e dalle speranze. Era un gigante buono e fragile, gli sono riconoscente per avermi insegnato a ridere del male, un modo diverso per combatterlo. Nelle lunghe estati sarde è stato maestro di ironia, sdoganando il cazzeggio, costrigendomi ad agirlo, almeno nella relazione con lui. Adesso che se n’è andato non riesco a cazzeggiare, come lui avrebbe preferito, vuol dire che non sono riuscito a imparare la lezione. Ciao Lupo, che la tua fantasia possa continuare a correre all’infinito sui pendii dell’Appennino bolognese. Come suggerisce il figlio Niclas, per ricordarlo leggiamo insieme a voce alta i suoi libri e le sue poesie. Un abbraccio a Niclas e a Monica che gli è stata sempre vicino.

Volere la luna, 10 settembre 2025

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