Salute mentale, chiacchiere e repressione …di Pietro Pellegrini

Qui un articolo del dott. Pietro Pellegrini, direttore del Dipartimento assistenziale integrato salute mentale dipendenze patologiche Ausl di Parma, apparso su il manifesto. Alleghiamo inoltre il link del Forum Salute Mentale Sul piano d’azione salute mentale 2025-2030, che contiene l’analisi dettagliata del dott. Pellegrini sul Piano del governo

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Il Piano d’azione salute mentale 2025-2030 precisa che non vi saranno nuovi oneri a carico della finanza pubblica. I pur apprezzabili richiami alla visione olistica, alla salute mentale nell’intero arco di vita e alle direttive dell’Oms sembrano destinati a restare sulla carta. Lo stato reale dei servizi e la dotazione di personale non viene analizzata. Per colmare le carenze, servirebbe circa 1 miliardo di Euro.

La struttura dei dipartimenti di salute mentale, comprensivi di neuropsichiatria infanzia adolescenza, psichiatria, dipendenze patologiche e psicologia non vede direttive precise e, per gli aspetti organizzativi, rinvia alle competenze regionali. Si prevede di istituire lo psicologo “di primo livello” senza tenere conto di altri documenti sull’organizzazione della psicologia clinica e di comunità.

La salute mentale degli adolescenti ha bisogno di diversi interventi e di nuovi servizi territoriali ed ospedalieri. In particolare andrebbero programmati almeno 400 posti, onde evitare i ricoveri di persone di minore età in reparti per adulti. L’attenzione al neurosviluppo, Adhd, autismo e disabilità intellettiva, rischia di essere un mero enunciato, con conseguenti delusioni degli utenti e delle loro famiglie, se non si costituiranno equipe per realizzare i percorsi diagnostico terapeutico assistenziali comprensivi di servizi semiresidenziali, gruppi appartamento e progetti personalizzati con budget di salute. Lo stesso vale per la salute mentale perinatale, esordi psicotici, disturbi della nutrizione e alimentazione.

In ambito penitenziario il piano propone un aumento del numero di posti delle articolazioni tutela salute mentale da 320 a oltre 3.000 (5% della popolazione detenuta) con l’idea di arrivare addirittura al 10%. Il costo gestionale da prevedere è di oltre 300 milioni anno oltre gli ingenti spese strutturali per realizzare i reparti. Con gli stessi investimenti si possono attuare misure alternative alla detenzione in carcere, favorire progetti di inserimento in strutture residenziali e comunità terapeutiche, promuovere progetti per l’abitare e il lavoro.

Occorre introdurre liberazione anticipata e numero chiuso come prevede la proposta di legge Magi recentemente presentata.

Per quanto attiene l’attuazione della legge 81/2014 non si sostengono i centri di salute mentale che seguono circa 7mila pazienti con misure giudiziarie, dei quali 4.800 circa in strutture residenziali, con un crescente impegno economico (circa 300 milioni/anno). La lettura della sicurezza e della gestione del rischio rilancia seppure indirettamente l’idea della pericolosità della persona con disturbi mentali con conseguenze sullo stigma e il pregiudizio. Una torsione securitaria tanto più preoccupante alla luce della proposta di legge Zaffini e in assenza di un chiaro e deciso orientamento verso il no restraint, il superamento delle contenzioni, la riduzione dei Tso.

Totalmente nell’ombra il ruolo dell’ospedalità privata e la residenzialità psichiatrica, che pur assorbendo dal 50 al 70% delle risorse dei DSM non viene ripensata secondo le linee guida per la deistituzionalizzazione.

Il tema dei diritti, della partecipazione di utenti esperti, di familiari, della rete degli enti del terzo settore non assume un ruolo centrale nell’affrontare i problemi di vita reale, quotidiana: il reddito, la casa il lavoro, la socialità. La salute mentale deve essere parte di tutte le politiche per affrontare i determinanti sociali, povertà diseguaglianze, solitudine, cronicità, polipatologie e invecchiamento della popolazione. Occorre un coinvolgimento di tutte le articolazioni sociali e un impegno politico trasversale e interistituzionale per un adeguato investimento in salute mentale almeno del 5% della spesa sanitaria.

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