Sudan. Il conflitto dimenticato …di Stefano Mauro

Mentre la guerra civile in Sudan continua a colpire in particolare la regione orientale del Darfur, il viceprocuratore della Corte penale internazionale (Cpi) ha riferito questo giovedì al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite sul «deterioramento della crisi umanitaria» e nuove accuse di «crimini di guerra e genocidio».
Dopo aver affermato che gli aiuti umanitari non stanno raggiungendo chi ne ha bisogno e che la carestia sta peggiorando, Nazhat Shameem Khan ha avvertito che la situazione in Sudan ha raggiunto un livello «intollerabile» con ospedali, convogli umanitari e altre strutture civili che vengono deliberatamente presi di mira.

La scorsa settimana l’Onu ha descritto un «quadro preoccupante» riguardo alla guerra che vede contrapposte, da oltre 2 anni, le Forze armate sudanesi (Fas), guidate dal generale Abdel Fattah Al-Burhan e le milizie delle Forze di supporto rapido (Rsf), con a capo Mohammed Hamdan Dagalo: 17 milioni di minori privati di istruzione, 33 milioni di sudanesi minacciati dall’epidemia di colera e 25 milioni colpiti da grave denutrizione.
Le principali inquietudini riguardano la sicurezza di civili e profughi a El-Fasher, capitale del Darfur settentrionale – con oltre 2 milioni di abitanti, di cui 800mila profughi – assediata dallo scorso maggio dalle Rsf e diventata l’epicentro del conflitto.
Sul Darfur si concentra anche l’ultimo report di Medici Senza Frontiere (Msf) dal titolo “Assediati, Attaccati, Affamati” che denuncia come in quella regione sia ancora in atto «un genocidio contro le popolazioni non arabe». Basato sulle osservazioni dirette e su oltre 80 interviste con pazienti e sfollati a El-Fasher e nel vicino campo di Zamzam – conquistato dalle Rsf lo scorso aprile – il rapporto denuncia «violenze sistematiche, saccheggi, massacri, violenze sessuali, rapimenti, privazione di cibo e attacchi a mercati, strutture sanitarie e altre infrastrutture civili».
A fine giugno Alice Wairimu Nderitu, consigliera speciale per la prevenzione del genocidio, ha espresso al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite il timore che i massacri commessi contro i Massalit ad al-Geneina – oltre 15mila vittime – e contro gli Zaghawa a Zamzam si ripetano ad El-Fasher. Tanto più che, secondo le testimonianze, le Rsf hanno indicato chiaramente di «voler ripulire la città dalla sua componente non araba».

Le accuse di «violenze indiscriminate» riguardano anche i militari delle Fas, visto che il rapporto di Msf ha raccolto testimonianze riguardo a una serie di «bombardamenti e attacchi aerei, con conseguenze devastanti per la popolazione civile». Da diversi mesi, l’Onu ha richiesto a entrambi gli schieramenti di interrompere gli attacchi contro «obiettivi civili come scuole, ospedali e mercati» e di «non ostacolare la fornitura di aiuti umanitari», necessari per un paese al collasso sanitario – oltre il 90% degli ospedali non funzionanti – e colpito da un’epidemia di colera e dalla carestia.
La scorsa settimana gli Usa hanno imposto nuove sanzioni contro il generale Al-Burhan, con l’accusa di «utilizzo di armi chimiche nel Darfur», probabilmente gas cloro, secondo un’inchiesta del New York Times.
Dallo scoppio della guerra, nell’aprile 2023, circa «150mila persone sono state uccise e 13 milioni sono state sfollate» a causa di un conflitto che l’Onu ha definito come «la più grande crisi umanitaria del mondo».

Stefano Mauro, il manifesto, 13 luglio 2025

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