Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, avrebbero dovuto effettuare una visita ufficiale in Libia. Una volta atterrati a Bengasi, però, a quanto risulta il governo della Libia orientale li ha bloccati e rimandati indietro, dichiarandoli “persona non grata”. No, non se l’aspettavano di essere respinti…. Eppure per loro è normale respingere a tutti i costi tante persone che cercano una vita migliore, o semplicemente “una vita”.
Dicono che vogliono combattere gli scafisti. Che vogliono salvare vite. Ma le vite si salvano solo se si accolgono. Non se si respingono. Non si salvano finanziando chi le sequestra, le tortura, le rivende.
In Libia, i migranti che provano a partire vengono presi a forza, rinchiusi, picchiati, violentati, umiliati. Alcuni spariscono. Altri sopravvivono solo per raccontare. Non ci sono processi. Non c’è legge. Ci sono solo uomini armati e gabbie. Questa è la realtà che l’Italia e l’Europa scelgono di ignorare. O, peggio, che finanziano. Con accordi firmati sotto banco. Con motovedette donate. Con fondi mascherati da “cooperazione”. L’Italia, oggi, paga la Libia per fare quello che noi non vogliamo più fare apertamente: fermare le persone prima che arrivino a chiedere aiuto.
Chi guida quelle motovedette spesso è stato trafficante ieri, miliziano oggi, torturatore domani. Non importa. Basta che fermi i gommoni. Che li riporti indietro. Che chiuda la bocca a chi grida.
Ogni respingimento è una condanna rimandata, un destino che si ripete nel silenzio. Anche questo è un atto di guerra. Una guerra senza bombe né carri armati, ma combattuta ogni giorno contro i corpi e le speranze di chi cerca salvezza.
Nel 2023, l’UNHCR ha parlato apertamente di crimini contro l’umanità. I sopravvissuti raccontano celle senza luce, fame, pestaggi, madri che partoriscono tra urla e fango. Ma tutto questo accade con il nostro silenzio, e a volte con il nostro plauso. C’è chi dice: “Meglio lì che qui”. Ma se lì è l’inferno, che cosa stiamo dicendo di noi stessi? Che per la nostra sicurezza, per il nostro sonno tranquillo, possiamo accettare tutto? Anche la disumanità? Anche la morte?
No, non si stanno combattendo gli scafisti. Si sta combattendo la speranza. Si sta combattendo la libertà di chi fugge da guerre, fame, persecuzioni. Si stanno punendo esseri umani per il solo fatto di essere nati altrove. Questa è una guerra dimenticata.
Emilia De Rienzo, Comune.it, 9 Luglio 2025