Mercoledì 5 febbraio il tribunale di Crotone ha assolto Maysoon Majidi dall’accusa di essere una “scafista”. Rischiava 2 anni e 4 mesi di prigione più un milione di multa. Un processo assurdo, una detenzione di 10 mesi per l’artista e attivita curdoiraniana, ora l’assoluzione “per non aver commeso il fatto”. Qui una breve intervista di Silvio Messinettia, dopo l’assoluzione, apparsa su il manifesto.
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Fuori dal tribunale di Crotone Maysoon Majidi ieri è uscita mano nella mano con il fratello Rezhan. Commossa e raggiante per l’assoluzione con formula piena.
Ha citato, dopo la lettura della sentenza, il poeta palestinese Mahmoud Darwish. Perché?
Darwish viveva l’esilio come atto poetico e politico di resistenza di fronte a una realtà storica in cui libertà individuale e liberazione collettiva sono ancora da raggiungere. Io oggi ho raggiunto finalmente la mia libertà. Ed è un giorno per me indimenticabile.
A chi dedica questa assoluzione?
A chi mi è stato vicino in questa odissea, a tutti i rifugiati politici, al mio avvocato, alla mia famiglia che sta soffrendo per me da tanti mesi. Ma anche ai politici e ai tanti amici che ho conosciuto in questi mesi. I momenti passati in carcere sono stati durissimi. La prima cosa che pensi quando arrivi in un Paese democratico è alla libertà. Quando ho fatto lo sciopero della fame in carcere era perché non avevo avuto un’udienza, volevo che qualcuno ascoltasse la mia storia. Non ho mai incontrato un interprete. Non potevo parlare con i miei familiari. Ho fatto il viaggio con mio fratello e non ho potuto parlarci per due mesi. Non sapevo nulla di nessuno. Pensavo che tutte le 77 persone che viaggiavano con me fossero state arrestate perché non sapevo il motivo della mia detenzione. Se non avessi avuto intorno una rete di sostegno, con tante lettere e visite, non avrei saputo come fare per combattere lo scoramento.
Le parole dell’accusa l’hanno colpita?
In questi mesi, e ascoltando la pm, ho molto sofferto per quello che sentivo dire e leggevo sul mio conto. Secondo i giudici avrei dato ordini sulla barca, consegnato acqua e cibo. Nulla di più falso. Se ci fosse stata la possibilità, avrei aiutato qualcuno ma avevamo i nostri zaini con viveri e acqua. Nessuno dava niente ad alcuno. Dunque bugie su bugie. Un incubo che temevo non finisse mai.
Da qualche settimana vive con suo fratello a Sant’Alessio in Aspromonte, pensa di restare a vivere in Italia?
Il progetto Sai dentro cui siamo stati inseriti è stimolante. Ho ripreso a scrivere e a pensare a nuovi progetti artistici. Per adesso mi godo questo grande giorno.