E’ morto Eugenio Borgna. Intervista a Peppe Dell’Acqua

Il 4 dicembre è scomparso Eugenio Borgna, psichiatra della gentilezza, dell’ascolto e della vicinanza con l’altro. Un pensatore sempre molto vicino alle idee del Forum Salute Mentale, con cui ha condiviso parte del suo percorso. Insieme a Peppe Dell’Acqua, intervistato da Veronica Rossi, abbiamo voluto omaggiarlo tracciandone un ricordo. 

Si ricorda come ha conosciuto Eugenio Borgna?
Il mio primo ricordo del professor Borgna – come lo chiamavo allora – risale a più di qualche decennio fa, ma parte soprattutto dalla lettura dei suoi libri, che analizzavano e studiavano le questioni del disturbo mentale e della cura. Mentre ero direttore del Dipartimento di salute mentale di Trieste più di una volta ci siamo detti coi compagni di lavoro di volerlo avere in città per passare una mattinata con lui, a discutere e sentire il suo pensiero dalle sue parole. Così l’ho cercato. Devo dire che, con mia grande gioia, già dal primo scambio di telefonate e di mail è nata una sorta di amicizia, che non osavo chiamare tale perché sono un po’ più giovane di lui. Credo una ventina di anni fa è venuto due giorni a Trieste, poi ci siamo visti altre volte.

E avete portato avanti le stesse battaglie.
Lui, come tutti sanno, ha espresso un pensiero molto lucido sulla psichiatria farmacologica e sulla psichiatria senza teorie e senza obiettivi. Dagli anni Sessanta ha costruito un modo di affermare progressivamente l’assoluta necessità di rendere preponderante l’umano, con la sua voce. Questo mi ha sempre affascinato di lui: in tutti gli scritti e tutte le volte che ci siamo visti sottolineava l’importanza dell’ascolto, dell’avvicinarsi al malato (e non, citando Basaglia, alla malattia).
Non tutti sanno che lui è diventato primario della sezione femminile dell’ospedale psichiatrico di Novara. In tante interviste racconta dell’orrore che ha vissuto nel momento in cui è entrato in manicomio proveniendo dall’università di Milano. Così si è dedicato all’ascolto, tanto da essersi avvicinato molto alla sensibilità femminile; si è reso conto che non poteva non vedere le porte chiuse, i cortili grigi e i letti di contenzione. Ha lavorato su questo e negli anni ‘70 è stato uno degli esempi della possibilità di vedere altro nell’ospedale psichiatrico.

Lo stimava, insomma.
Prima di conoscerlo ero molto diffidente rispetto ai fenomenologi, che stavano in estasi di fronte alla malattia. Incontrando Eugenio Borgna mi sono reso conto che lui non era affatto come alcuni direttori di manicomi fenomenologi, sicuramente degli ottimi pensatori, che però seduti dietro alle loro scrivanie guardavano senza far nulla il grigiore dei cortili manicomiali.
Abbiamo parlato più volte del suo amico distante, un po’ più vecchio di lui: Franco Basaglia, la cui “impresa coraggiosa” – come la definiva – ha appoggiato in ogni circostanza. Eugenio Borgna, persona di una mitezza infinita, è stato uno dei critici più feroci della psichiatria dell’oggetto, del farmaco e della distanza.

E, passando dalla prima all’ultima volta che l’ha sentito, Eugenio Borgna aveva dichiarato anche il suo appoggio alla campagna #180benecomune.
Dall’inizio di quest’anno, nelle riunioni del Forum Salute Mentale – alle quali anche lui in due circostanze ha partecipato – abbiamo cominciato a costruire una campagna che abbiamo chiamato “#180benecomune, L’arte di restare umani”. Io gliel’ho comunicato e lui mi ha risposto immediatamente, spiegando che la sua condizione fisica non gli permetteva di stare con noi, però ci appoggiava. Anzi, per lui poteva essere una strada per la rivoluzione dell’umano che dovrebbe riportare nella cura una vicinanza e un riconoscimento dell’altro. Essere con l’altro in ogni circostanza: questo suo insegnamento, che mi porto nel cuore, è quello che manca in questo momento in una psichiatria che è diventata fredda, fatta di diagnosi e farmaci.

Forum Salute Mentale

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