Spari sui migranti e sulle navi Ong

La “guardia costiera libica”, su motovedette regalate dall’Italia, spara sui migranti, sulle imbarcazioni delle Ong, le inseguono dopo i salvataggi e riportano in Libia qualche migrante. Questi sono banditi, il braccio armato della politica europea contro i migranti?

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[Dovrebbe essere arrivata sabato pomeriggio] a Crotone la Geo Barents, la nave umanitaria di Medici senza frontiere, con a bordo le 83 persone tratte in salvo giovedì mattina in acque internazionali.

Al momento del soccorso la nave umanitaria ha trovato sul posto un’imbarcazione veloce che ha riferito di appartenere alla «guardia costiera libica»: a bordo uomini armati a volto coperto, che hanno sparato in aria e in acqua, facendo gettare in mare oltre 70 persone presenti sul gommone e caricando sulle proprie motovedette 29 tra donne e bambini. Inutili sono stati i tentativi di mediazione di Msf, via radio e in acqua: le famiglie sono state separate e i 29 nuovamente deportati in Libia. «I sopravvissuti sono devastati, sanno che le loro famiglie torneranno a subire le torture che hanno già vissuto. Uno di loro ha tentato di lanciarsi in mare per raggiungere la moglie e i figli, di 4 mesi e 10 anni» dice Fulvia Conte, responsabile dei soccorsi di Msf sulla Geo Barents. I migranti a bordo sono tutti uomini, provenienti da Eritrea, Yemen, Egitto ed Etiopia, 37 sono minori non accompagnati.

Ancora nel pomeriggio la Geo Barents è stata raggiunta da imbarcazioni libiche: «Ci hanno circondato almeno sette assetti navali diversi, ci hanno anche seguito per un tratto, intimandoci di allontanarci, cosa che è totalmente illegittima» prosegue Conte. Una delle imbarcazioni, spiega, era una motovedetta ufficiale della guardia costiera libica, una classe 300. È una delle motovedette che l’Italia ha donato alla Libia a febbraio 2023, costruite nei cantieri navali di Adria, in Veneto. A bordo anche in questo caso si vedevano delle persone migranti, probabilmente caricate durante un altro respingimento, che Msf si è offerta di soccorrere incontrando un rifiuto. La Ong ha lanciato un appello a tutte le autorità perché si inizi a lavorare immediatamente per il ricongiungimento delle famiglie che sono state separate. […]

Michele Gambirasi, il manifesto, 30 novembre 2024

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